#che estate eh

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C’è estate…ed estate

Mi aveva dato il pretesto ideale per continuare a odiare in silenzio quella casa e le mie estati in Puglia, l’odore di sugo, il pane molle, le orecchiette, i cavatelli, le nevole, le scarcelle, il grano dei morti, i taralli, i lampascioni, i torcinelli e l’uovo dentro la carne.

Quando è scoppiata la moda del Salento, della pizzica, il revival dei tarantolati, la riscoperta di Ernesto De Martino, quando gli intellettuali si ristrutturavano i trulli e Vendola sembrava il salvatore della patria, mi tenevo stretta i miei ricordi. I pranzi in famiglia con le femmine che cucinavano, servivano a tavola e lavavano i piatti e i maschi stravaccati a russare in poltrona (io ero dispensata da entrambe le attività: i capelli corti e la carenza di tette mi rendevano una creatura inservibile se non per pettinare gli zii); la controra dove non si poteva fiatare ma non si poteva nemmeno uscire di casa; le badanti rumene vessate di giorno e scopate non appena le vecchie si addormentavano; le gite al mare in macchina attraverso l’arsura del Tavoliere con le teglie di lasagne bollenti sulle gambe e cinque bambini stretti sul sedile posteriore.

  • Brano da “Niente di vero” di Veronica Raimo (Einaudi editore, Torino, 2022)



È importante per me non dimenticare perché lì non ci volevo stare. Non ci sono voluta rimanere per anni e anni, finché la mia “piattezza” mi ha liberato, ha coinciso con l’idea che in fondo quelle cose io non le volessi.

Le mangiate tutti insieme da piccola sono solo pasti allargati; sono i prima e i dopo i momenti più difficili. Quando iniziano le domande, le supposizioni degli altri e tu stai lì a subire perché dai, sei stato invitato, ti prendi il piatto di lasagna come il consiglio imposto.

E i confronti poi? Su come è vestita quella, come è brava quell’altra, sulla frenesia di un grappolo di maschietti che dopo vanno al campo di terra a giocare a calcio. Loro, appunto.

“Come si mangia qui, da nessuna parte”. Allora ci sarebbero abitanti solo nei luoghi di mare, no?

Mangia. Ingozzati. Ungiti il mento di sugo. “Perché non lo finisci? È da maleducati”. Che poi sei l’invasore, sei quello venuto da fuori che se provi a chiedere cosa c’è oltre sulla strada guai. Ad ogni paese le sue vie; non ci si arrischia a guardare in giro le meraviglie che ci sono e che tengono secretate come i documenti che raccontano lo Stato-Mafia.

Non avere il seno grosso mi ha salvato da tutto ciò.

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