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Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 201Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 201Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 201

Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 2012. La recensione su Kinematrip http://wp.me/p4mZLy-1H


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Da Ovosodo a Padroni di casa (2012), Edoardo Gabbriellini dismette i panni dell’attore e veste quelli del regista, abbandonando la commedia italiana firmata Virzì e dando vita a un progetto in tinte scure. La seconda pellicola di Gabriellini abbandona il modello grottesco-surreale (B.B e il cormorano, Gabbriellini 2003) ed investe nel thriller senza aver bisogno di indorare la pillola.

Cosimo (Valerio Mastandrea) ed Elia (Elio Germano), fratelli operai, vengono chiamati da Roma in un piccolo centro abitato dell’Appennino Tosco-Emiliano per pavimentare il terrazzo della splendida casa del cantante Fausto Mieli (Gianni Morandi) che, ritiratosi dalle scene, vive ora in solitudine con la moglie Moira (Valeria Bruni Tedeschi), costretta su una sedia a rotelle. L’idillio fatto di bei panorami ed acque terse viene presto spezzato: i due fratelli si scontrano con la realtà meschina del piccolo paese di montagna dove tutti conoscono tutti e se c’è bisogno di imbracciare il fucile non ci si pensa due volte. Ma la realtà ancor più pericolosa si rivela quella interiore dell’amato cantante che, da padrone di casa garbato e pacato si trasforma in boia cinico e spietato: la malvagità è insita nell’essere umano e sua caratteristica imprescindibile, ma l’esasperazione lo porta, in questo caso, a ricorrere ad un istinto di autoconservazione del tutto naturale.

La cattiveria mascherata, la violenza improvvisa, la fragilità da cui è generata: i temi che con massima delicatezza Gabbriellini tratta, confermandone l’universalità, sono elementi propri di qualsiasi contesto, paese e cultura. Fausto Mieli e i suoi concittadini si rivelano lo specchio del genere umano, e il regista delinea i loro comportamenti senza ricorrere a vacue esagerazioni e sottolineature, senza definire nettamente cosa siano il bene e il male ma valutando la loro quotidiana convivenza nell’essere umano come nella natura del bosco, grande protagonista tacita della pellicola, Madre che prima accoglie e poi puniche, compagna dolce di giorno e terrificante osservatrice dopo il tramonto.

Girato in cinque settimane e con un budget esiguo, Padroni di casa è impreziosito da una fotografia accurata e un montaggio potente, mediatori anch’essi di un messaggio contemporaneo ed universale: il regista ci introduce nell’anima del paese e nell’animo umano non scadendo nel didascalico ma dando possibilità allo spettatore di inserire mentalmente i piccoli tasselli mancanti, la cui ricerca è automaticamente stimolata. Il film risulta vissuto, prima che dai personaggi che vediamo muoversi nello spazio e nel tempo scelti dal regista, dal pubblico stesso, a cui viene finalmente riconosciuto un ruolo attivo.

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