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E se gli individui, piccoli o grandi, sono sempre più calati nel meccanismo della microfama, al tempo stesso capita che anche le grandi aziende cercano di piegare ai loro interessi. Le recensioni dal basso di libri (su Amazon o su Anobii) o di hotel e ristoranti (Tripadvisor) fanno girare milioni di dollari. Se un tempo grandi gruppi, anche italiani, cercavano tra i blogger i vettori della comunicazione, adesso è Twitter la nuova dimensione dove cercare di far conoscere il proprio marchio attraverso utenti noti che portano in dote decine di migliaia di follower. Sarà un caso che il Grande Fratello 2014 cercava concorrenti anche tra noti twittatori, in grado di smuovere le acque per il reality a corto d’ossigeno?

(per il resto, qui

Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 201Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 201Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 201

Valerio Mastandrea e Gianni Morandi in alcun scene di “Padroni di casa” di Edoardo Gabbriellini, 2012. La recensione su Kinematrip http://wp.me/p4mZLy-1H


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Da Ovosodo a Padroni di casa (2012), Edoardo Gabbriellini dismette i panni dell’attore e veste quelli del regista, abbandonando la commedia italiana firmata Virzì e dando vita a un progetto in tinte scure. La seconda pellicola di Gabriellini abbandona il modello grottesco-surreale (B.B e il cormorano, Gabbriellini 2003) ed investe nel thriller senza aver bisogno di indorare la pillola.

Cosimo (Valerio Mastandrea) ed Elia (Elio Germano), fratelli operai, vengono chiamati da Roma in un piccolo centro abitato dell’Appennino Tosco-Emiliano per pavimentare il terrazzo della splendida casa del cantante Fausto Mieli (Gianni Morandi) che, ritiratosi dalle scene, vive ora in solitudine con la moglie Moira (Valeria Bruni Tedeschi), costretta su una sedia a rotelle. L’idillio fatto di bei panorami ed acque terse viene presto spezzato: i due fratelli si scontrano con la realtà meschina del piccolo paese di montagna dove tutti conoscono tutti e se c’è bisogno di imbracciare il fucile non ci si pensa due volte. Ma la realtà ancor più pericolosa si rivela quella interiore dell’amato cantante che, da padrone di casa garbato e pacato si trasforma in boia cinico e spietato: la malvagità è insita nell’essere umano e sua caratteristica imprescindibile, ma l’esasperazione lo porta, in questo caso, a ricorrere ad un istinto di autoconservazione del tutto naturale.

La cattiveria mascherata, la violenza improvvisa, la fragilità da cui è generata: i temi che con massima delicatezza Gabbriellini tratta, confermandone l’universalità, sono elementi propri di qualsiasi contesto, paese e cultura. Fausto Mieli e i suoi concittadini si rivelano lo specchio del genere umano, e il regista delinea i loro comportamenti senza ricorrere a vacue esagerazioni e sottolineature, senza definire nettamente cosa siano il bene e il male ma valutando la loro quotidiana convivenza nell’essere umano come nella natura del bosco, grande protagonista tacita della pellicola, Madre che prima accoglie e poi puniche, compagna dolce di giorno e terrificante osservatrice dopo il tramonto.

Girato in cinque settimane e con un budget esiguo, Padroni di casa è impreziosito da una fotografia accurata e un montaggio potente, mediatori anch’essi di un messaggio contemporaneo ed universale: il regista ci introduce nell’anima del paese e nell’animo umano non scadendo nel didascalico ma dando possibilità allo spettatore di inserire mentalmente i piccoli tasselli mancanti, la cui ricerca è automaticamente stimolata. Il film risulta vissuto, prima che dai personaggi che vediamo muoversi nello spazio e nel tempo scelti dal regista, dal pubblico stesso, a cui viene finalmente riconosciuto un ruolo attivo.

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Appena finito di leggere (“ascoltare” in realtà, visto che da mesi ormai faccio uso - e abuso - di Audible, la piattaforma di audiolibri targata Amazon) e se dovessi descrivere questo romanzo con una parola non saprei quale usare.

Perché non è un romanzo biografico, anche se racconta le vicende di questa inquietante famiglia Winshaw.

Non è un libro di storia, anche se descrive in maniera spaventosamente precisa il periodo storico a cavallo della guerra Seconda Guerra Mondiale e della prima Guerra del Golfo: la Thatcher, Saddam, Bush (padre) ecc.

Non è un giallo né un thriller anche se per molti versi ne ha tutti gli ingredienti: misteri, inseguimenti, morti cruente, documenti segreti…

Non è nemmeno un libro di critica sociale. Eppure troverete al suo interno un catalogo dettagliato di tutto il marciume della società “moderna”: industria, commercio, guerra, politica, mass media.

Tutto.

Per dire, chi è che racconta la storia narrata? In alcune parti il narratore è Jonathan Coe, l’autore, in altre è Michael Owen, lo scrittore/protagonista, in altre è…boh.

E poi i capitoli si susseguono con una temporalità tutta loro, e solo a libro chiuso puoi vedere i collegamenti tra le varie storie, i vari personaggi e i vari tempi.

La linea conduttrice è però sicuramente (?) l’idea che le decisioni prese nelle alte sfere del potere si ripercuotono in maniera sempre drammatica e imprevedibile sulla vita di tutti i giorni della gente comune. La famiglia Winshaw è proprio l’incarnazione di tutto ciò. Il male allo stato puro. Il lato oscuro del potere fine a sé stesso.

Vi consiglio di leggerlo (o ascoltarlo, perché no?) tutto d’un fiato e poi prendetevi una settimana per ripensarci con calma e tirarne fuori le vostre conclusioni.

Buona lettura!

Ecco il link al libro cartaceo e ebook su Amazon.it:https://amzn.to/35OJaeG (affiliate link)

Qui il link all’audiolibro sullo store Apple: https://books.apple.com/it/audiobook/la-famiglia-winshaw/id1442933666?mt=11&at=1010l33Mq (affiliate link)

Salve a tutti germoglietti.Bentornati  alle Recensioni Spinose! Il libro che recensiamo oggi è un po

Salve a tutti germoglietti.
Bentornati  alle Recensioni Spinose! Il libro che recensiamo oggi è un po’  particolare, perché non è un romanzo. E non è una graphic novel, anche  se per la maggior parte è visuale. Si tratta di una specie di fumetto…  una raccolta di tavole, diciamo. Ad attirarci è stato il titolo, “ogni  cosa è bellissima e io non ho paura”, ed è proprio questo il volume che recensiamo oggi, scritto ed illustrato da Yao Xiao.

P.S.: E se non potete (o non volete) leggere questa recensione su Wattpad, la potete trovare (con commenti e didascalie extra!) anche sul blog ufficiale dei Cactus di Fuoco, qui: https://fantasydiario.blogspot.com/2022/05/recensione-ogni-cosa-e-bellissima-e-io.html


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Hola, ¡pequeños brotes!Bentornati  alle Recensioni Spinose! Oggi vi parliamo di un libro urban fanta

Hola, ¡pequeños brotes!
Bentornati  alle Recensioni Spinose! Oggi vi parliamo di un libro urban fantasy che  si è prepotentemente inserito nella nostra lista di lettura a prima  occhiata.

Letteralmente, lo abbiamo visto in biblioteca e ce lo siamo portato a casa.

Anzitutto  perché nel titolo c’è la parola “cemetery”, e se ormai conoscete un po’  i vostri cari Cactus, saprete che le storie che hanno a che fare con  cimiteri, estetiche gotiche e/o il sovrannaturale di stampo oscuro ci  garbano; però sia la trama che la copertina di questo “Cemetery Boys”  hanno suscitato la nostra curiosità anche per motivi che, ovviamente,  approfondiremo tra un attimo nelle sezioni della recensione a loro  dedicate.

Godetevi questa recensione, dunque!

P.S.: E se non potete (o non volete) leggere questa recensione   su Wattpad,  la potete trovare (con commenti e didascalie extra!)   anche  sul blog ufficiale dei Cactus di Fuoco, qui: https://fantasydiario.blogspot.com/2022/05/recensione-cemetery-boys-aiden-thomas.html


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So che non aggiorno da mooolto tempo. So che non posto nemmeno foto (instagram compreso!). Ma c'è un piccolo dettaglio - no, questa volta non è la mancanza del computer.. Che continua a mancare! Questa volta il dettaglio è che sono mesi che non leggo, che vorrei prendere un libro e lo abbandono. È vero, potrei scrivere di altri libri letti in passato ma ho tante cose da fare. Stiamo sistemando casa perché presto saremo in tre, e se non leggo adesso che ho un po’ di tempo non oso immaginare quando nascerà. Spero possiate comprendere

Bello, doloroso e forse un tantino troppo drammatico.
Tramite questo libro entriamo nella vita dell'Architetto e di Amina, entrambi arabi di origine che si trovano in Italia - precisamente a Torino.
L'Architetto è uno dei primi immigrati, quelli che fanno richiesta di studio. Viene per studiare, e poi infine decide di restare a lavorare. Si sposa ma la moglie lo lascia. Vive così da solo, nel suo appartamento vuoto, con il dolore di un matrimonio fallito, la malinconia della propria terra, la mancanza della propria famiglia. Per quanto sia un immigrato è riuscito, per così dire, ad integrarsi in Italia. Vive tra il ricordo del proprio Paese, delle proprie tradizioni e della propria mentalità e tra la novità, l'integrazione della nuova cultura, tradizione e mentalità.
Un giorno, tramite un amico, incontra Amina. Tra loro nasce subito una forte intesa, condividono sentimenti ed emozioni troppo simili.
Amina però è una prostituta. Ha una storia davvero brutta alle spalle e fa la prostituta per sopravvivenza, perché lei è clandestina, lei non è in regola e nessuno accetta di farla lavorare, e se accetta la fa lavorare in nero, sfruttata e sottopagata.
L'incontro non sarà uno ma di più; per Amina è amore a prima vista ma sa che lui non l'accetterà mai, perché la cultura araba non accetta che una loro donna possa svolgere quel tipo di lavoro.
Il libro è davvero triste, a tratti emozionante. Viene raccontato da i punti di vista di entrambi, vengono raccontati i loro ricordi, descritti i loro paesaggi, la loro famiglia, la loro cultura, i loro modi di pensare.
Credo sia un libro abbastanza buono per poter capire almeno un po’ il pensiero arabo, un pensiero molto chiuso, ristretto, dove la donna prima è comandata dalla famiglia e poi del marito, dove la donna conta poco come pensiero. L'Architetto, infatti, dovrà fare i conti con il pensiero “installato” dalla propria cultura e il pensiero italiano adottato dopo tanti anni in Italia.
Ogni tanto, tra i ricordi e la realtà, troviamo scritte alcune poesie che però distraggono un po’ dalla lettura, ma sono apprezzabili. Avrei preferito un finale diverso.
La scrittura è scorrevole, delicata quasi, semplice ma non banale.

(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl(Watch Out) Boy Music Video BTS: Cameron’s SceneThe second (and last) day opened to a similarly earl

(Watch Out) BoyMusic Video BTS: Cameron’s Scene

The second (and last) day opened to a similarly early start. A wonderful big breakfast was provided for the crew by catering legend Vašek, and thermoses of tea were prepared by cold hands. There were three scenes in between Skye’s first and this one - the Robins’ daytime scene, Skye’s bonfire scene, and the Robins’ bonfire scene - but unfortunately our cameraman’s battery was required elsewhere. Cameron’s character’s name was Arthur, a brutish, vain man who broke his ex’s heart and doesn’t know she’s after him until she catches up…  

Photography by @pigeonsarephotogenic


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In “Una stanza tutta per sé”, Virginia Woolf rintraccia la storia delle donne artiste, in particolare scrittrici e poetesse, cercando di capire cosa serva ad una donna per essere una artista a tutto tondo.

Sconvolgente è il fatto che delle donne non si sappia nulla prima del Settecento.

Amavano? Come trascorrevano il tempo libero? Ce l’avevano del tempo libero? A cosa pensavano? Come vivevano? Ce l’avevano questa tanta rinomata stanza per sé?

A quanto pare non sappiamo niente di tutto ciò, non ci è arrivata nessuna testimonianza, negli archivi storici non abbiamo niente se non delle leggi che impongono alla donna il ruolo di una proprietà di un uomo all’interno della famiglia, che sia il padre, il marito o il fratello.

Eppure viene naturale chiedersi come molti protagonisti di grandi opere siano di sesso femminile, e non solo, svolgono un ruolo cruciale nella narrazione, la loro importanza è pari a quella dell’uomo, anzi, è maggiore.

Abbiamo protagoniste come Antigone, Fedra, Cleopatra, Lady Macbeth, Madame Bovary, Anna Karenina…

Ma quella è la donna della letteratura. 

Nella realtà veniva picchiata, maltrattata.

E da cosa nasce così tanta rabbia verso le donne nel corso della storia?

Per Virginia Woolf la risposta è semplice: nello stesso modo in cui i ricchi spesso si arrabbiano con i poveri perché sospettano che essi vogliano impadronirsi della loro ricchezza, i patriarchi, coloro che affermano l’inferiorità della donna, in realtà si sentono minacciati dalla sua superiorità.

Ma c’è anche un’altra ragione meno evidente: forse i patriarchi non sono arrabbiati, ma semplicemente sono pieni di ammirazione e devozioni per la donna.

Così la donna diventa lo specchio che riflette la figura dell’uomo, ed è proprio per questo motivo che Napoleone e Mussolini insistevano tanto nell’inferiorità della donna, era l’unica possibilità che avevano per ingrandire se stessi.

Eppure sia per un uomo che per una donna la vita è ugualmente difficile.

Soprattutto quando cercano di reprimere un grande genio dentro di loro.

Specialmente durante gli anni creativi della loro giovinezza, lo scrittore come ogni altro artista ingegnoso, deve sopportare ogni sorta di distrazione e scoraggiamento proveniente dal mondo esterno. 

Ma per la donna tutte queste difficoltà erano ( e purtroppo ancora oggi in certi casi lo sono ancora) innumerabili.

Aggiungiamo anche tutti i diritti che le sono stati tolti e non le rimane più nulla.

Il denaro non le apparteneva, era privata da ogni tipo di consolazione come un viaggio, un’escursione, una semplice passeggiata.

Ma l’uomo non era privato da tutto ciò!

Come dice lo stesso Flauber in Madame Bovary (da sottolineare che è stato scritto da un uomo!):  “ Un uomo, almeno, è libero, può andare attraverso passioni e paesi, superare gli ostacoli, aspirare alle più inattingibili felicità. Una donna, no: una donna è continuamente impedita. Inerte e flessibile nello stesso tempo, ha contro di sé le debolezze della carne e le ingiunzioni della legge. La sua volontà, come la veletta del suo cappellino, palpita a tutti i venti, ma è trattenuta da un nastro. C'è sempre un desiderio che la trascina, una regola sociale che la trattiene!”.

Alla donna non viene data la possibilità di fare esperienza, osservare il mondo, trovare personaggi per le sue storie!

Se Tolstoj avesse vissuto rinchiuso in una casa, tagliato fuori dal mondo, difficilmente avrebbe potuto scrivere la sua più grande opera Guerra e Pace.

E come poteva fare qualcosa del genere senza un po’ di libertà materiale?

Solo nel 1800 si arriverà alla donna scrittrice che scrive come una donna, non come un uomo, con Jane Austen e Emily Bronte.

Entrambe scrivono di donne, e per la prima volta sono le donne a scrivere la loro storia e non gli uomini!

I loro libri saranno scritti con rabbia, entrambe le scrittrici sono in guerra con il loro destino, cercano di ribellarsi, eppure non possono nascondere le ingiustizie che hanno provato come donne! 

In conclusione, Virginia Woolf vuole disfare il mito dell’artista senza soldi: l’effetto della povertà e della ricchezza sulla mente sono fattori cruciali.

Il consiglio che dà a tutte le giovani scrittrici è chevi servono cinquecento sterline l’anno e una stanza con la serratura alla porta. 

Le cinquecento sterline l’anno rappresentano la possibilità di contemplare, la serratura della porta invece la facoltà di pensare per contro proprio

Perchè come dice Virginia Woolf: “La libertà intellettuale dipende da cose materiali. La poesia dipende dalla libertà intellettuale.”

Dovremmo lottare per questo, per la libertà intellettuale!

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Semplicemente.. una vicenda particolare raccontata in maniera semplice per spiegare un’esperienza comune a tutti: il ritorno alla paura, a ciò che ci ha spaventati durante la nostra infanzia, qualcosa che nemmeno ci ricordiamo ma per cui proviamo una grande attrazione. Un ritorno senza sangue

Il libro è abbastanza corto, 100 pagine all’incirca, luogo e tempo imprecisati, nessuna introspezione psicologica dei personaggi: li conosciamo soltanto attraverso le loro vicende che vengono raccontate in modo oggettivo, come se fossero dei semplici fatti di cronaca, e sono quelle loro azioni che ci fanno capire il loro carattere, le loro paure, i loro pensieri.

Due capitoli.

Nel primo troviamo Manuel Roca, suo figlio e sua figlia Nina, la protagonista della storia. Vivono in una fattoria. Una vecchia Mercedes passa vicino alla fattoria. Arrivano quattro uomini. Sparano e uccidono Manuel Roca e suo figlio, mentre Nina è nascosta in una botola. Uno dei quattro uomini, Tito, trova la bambina rannicchiata sul fianco, con le mani nascoste tra le cosce. La lascia lì. Escono dalla fattoria. Il capo della banda dà fuoco alla fattoria. Nina si salva.

Nel secondo capitolo troviamo come protagonisti una vecchia signora, Nina e un vecchio che vende biglietti per la lotteria in un chiostro, Tito. I due personaggi si rincontrano, parlano del passato, Nina non se ne ricorda, sa solo quello che le hanno raccontato. Eppure si ricorda di Tito, quel giovane ragazzo che l’aveva trovata nella botola. Vanno in una stanza d’albergo, fanno l’amore.

Passano la notte insieme. Nina si tira le ginocchia verso il petto, stessa posizione che aveva quando stava nascosta sotto la botola. La posizione di una vecchia bambina. Dalla finestra si vede l’insegna rossa dell’albergo, che assomiglia ai bagliori di una casa in fiamme, che ricorda l’incendio da cui Nina si è salvata per miracolo. Ma lei non si ricorda niente, glielo hanno solo raccontato. Si ricorda solo di Tito. 

Per concludere, ecco una delle frasi che meglio spiega il succo della storia: “Allora pensò che per quanto la vita sia incomprensibile, probabilmente noi la attraversiamo con l'unico desiderio di ritornare all'inferno che ci ha generati, e di abitarvi al fianco di chi, una volta, da quell'inferno, ci ha salvato. Provò a chiedersi da dove venisse quell'assurda fedeltà all'orrore, ma scoprì di non avere risposte. Capiva solo che nulla è più forte dell'istinto di tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell'istante per anni. Solo pensando che chi ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre. In un lungo inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d'improvviso clemente. E senza sangue.

Una lettura da fare!!

- nora @onlylove-here

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