#scritture brevi

LIVE

Pensieri a traffico limitato.

Vorrei irrompere nei tuoi schemi, scomporli e lasciarli sparpagliati.

Vorrei dirti che la mia stanza non è più la stessa.

Che adesso c’è una lampada a forma di palloncino con una luce così rossa da ricordarmi i tuoi capelli.

Vorrei mangiare con te il dolce della pace per riconciliare tutti i nostri demoni che ancora fanno la lotta.

Il tuo sguardo oscilla tra la ribellione e la rassegnazione. In fondo un po’ ci speri ancora, di svegliarti e sentire che sei tutta intera. Che le parti mancanti in realtà erano uno stupido gioco della memoria, finito male perché la tua dote più grande è proprio quella di ricordare. Nomi, targhe, sigle, post-it, titoli. Li accantoni ma non li perdi. Li scosti ma non te ne liberi. E quando meno te lo aspetti, ti ritornano conficcati nelle tempie come una pallottola.

Hai la capacità di silenziarti. Ti vesti di parole ma ti svesti di sentimenti. Ceni e pranzi cultura universitaria fingendo che non ti sia rimasta sullo stomaco. Tingi ancora i capelli con lo stesso colore e li detesti quando sei costretta a legarli. Sogni di costruire ponti perché speri che un giorno possano collegare ciò che tu non riesci ad unire. Mastichi idee e scruti paesaggi. Ma solo per constatare che il mare lo trovi sempre nello stesso punto e che in tutta questa merda, resta l’unica cosa che ti fa sentire completa. La tua voce non la ricordo ma se dovessi descriverti, partirei dal modo in cui guardi la sigaretta quando l’aspriri per poi arrivare al modo in cui ti sei dissolta. Il tuo civico è lo stesso. È lo stesso anche il tuo letto.

Mi suona ancora in mente la tua risata.

A furia di nominare il dovere, abbiamo perso gli svaghi. Uno però, mi è rimasto ancora.

Le canzoni le intono esattamente nello stesso posto in cui sono vissuta. Di sera, a voce bassa, per non svegliare la città, con lo sguardo rivolto al soffitto. La chitarra, si lascia coprire dalla voglia di urlare la mia stanchezza per poi restarmi accanto come quando si finisce di fare l’amore con un braccio rivolto più fuori dell’ intero corpo e con la gratitudine di chi, per un momento, si è sentito veramente bene.

Facciamo che rimango ancora un po’ ad immaginare tutto questo e che poi, con il sorriso di chi ne ha viste tante, ritorno a suonare.

#5

Questa corsa ai trent’anni per poi desiderare di tornare ventenne. I giorni tutti uguali e i desideri più grandi. Oggi voglio starmene così, come un gatto nero che guarda la pioggia dalla finestra.


#4.

Quel discorso delle isole, era una bella storia. A tratti bizzarra, a tratti poetica. Però mi piaceva ascoltarti quando ne parlavi. Non credevo che facessi sul serio. Adesso invece, posso confermarlo.

Ho perso l’accesso e tu non credi che io possa meritarlo. Tutto molto coerente. Non ho portato nulla con me. Hai ancora tutto in custodia nella parte più alta di te.

Tu mi ricordi Nisida.


#3.

Ho spazzato intorno al cuore.

Di lato, più a destra, un sentiero mi ricorda la strada di casa. Da quelle parti ci sono due grandi cespugli floreali dove si respira forte ed involontariamente. Dicono che non si può dimenticare di farlo perché poi ci si priva della vita. Allora di tanto in tanto, per non cadere nella noia prendo un sasso e lo piazzo più giù, nel retrovia. Che poi ha tutt’altro nome, ma a me piace chiamarlo così perché la zona, in penombra, ricorda un territorio di combattimento. Un luogo, dove quando piove forte ed incessantemente ci si può sentire logorare. Qui, ai più forti sale la fame, ai più deboli passa. Gli insicuri, invece, si alternano. Ancora non ho inteso la mia collocazione, però quando si sentono i tuoni provo a fare un gioco. Non sempre riesce, ma nella piazza principale, situata su, a nord della vista, raccontano da secoli che ci siano i comandi. Se li sai usare bene, puoi assaggiare una porzione di felicità, ma se li blocchi, puoi provare una sensazione che anche se non ti appartiene, risulta spiacevole fino ad aspirarti il sonno. La postazione pare sia la stessa, cambia solo il controllo. Il mio gioco è semplice, per farlo occorrono un paio di occhi e due mani. I primi mi insegnano ad osservare e ad apprezzare. I secondi a destreggiare il rischio.

#1.

“Nostos”, “aloos”

“Ritorno al dolore”.

Se dovessi darti una qualche forma,

mia cara nostalgia,

sarebbe la stessa che hanno i miei pensieri.

Astratti, notturni, silenti.

Sei ritorno.

Sei dolore.

Solo grazie a te la sospensione diviene inchiostro.

Non avvisi, non rispondi, non escludi.

Non ti ho mai rinnegata.

-219-

Immergi il tuo equilibrio precario in un calice di vino.

I segni che hai nello stomaco,

li hai riversati con gli occhi.

Lo hai fatto dinanzi a chi ti ha vista senza vesti.

Lo hai fatto perché gli spazi che hai iniziato ad occupare sono divenuti stretti.

Ingoi i silenzi che ti porti addosso provando a regalare sorrisi.

Le vite si scontrano con altre vite, ma nessuno si accosta.

Il mio calice è vuoto.

Con me non hai bisogno di riversare , né di ingoiare, né di fingere.

Ti ho spogliata senza scostare nulla.

Ho udito anche quando non ero disposta a farlo.

Le parole non ti insegnano dove sia la verità.

Ho riservato posti ed ho perso certezze.

L’abisso lo indosso come un marchio.

Le mani hanno smesso di raccontare storie.

Le stringo, le chiudo, le nascondo.

Avrei voluto amare forte, sentire forte, tornare forte.

Avrei voluto girarmi e guardare ancora.

Sono tutto ciò che ho perso.

-218-

Ti conosciuta per caso.

Ti ho conosciuta di fretta.

Ti ho conosciuta che ancora ti invadeva tutta la rabbia.

Ti ho scontrata , ti ho seguita, ti ho osservata.

Ti ho portata fuori, ti ho portata dentro.

E ti ho lasciata qui.

Tra un sospiro e l’altro, tra una sigaretta ed un caffè, tra una parola detta ed un’altra trattenuta.

Non ti ho mai stretta perché farlo avrebbe significato invaderti.

Sei tornata forte, sei tornata fragile, sei tornata dura, sei tornata testarda, sei tornata donna.

Sei tornata sempre.

Anche quando non hai dormito, mangiato, bevuto.

Non ti ho ancora chiesto quale sia il tuo sogno più grande.

Forse è simile al mio. O forse no.

Hai conservato un posto solo per me.

Non ci sto mai stretta, mai scomoda, mai fuori luogo.

Ti ho conosciuta attenta.

Ti ho conosciuta uguale e diversa.

Ti ho conosciuta per la prima volta.

Oggi. Tra le mie cose, tra i miei spazi, tra le pareti di casa.

Non importa come ti alzi o ti siedi, come chiudi gli occhi o li riapri.

Sei stata straordinariamente incomprensibile.

Sei stata aria, poi terra.

Sei stata il mio incanto più vero.

Adesso so cosa c’era in serbo per noi.

Ne curerò ogni dettaglio, ne custodirò ogni parte.

Non sarà mai vano tutto ciò che ci ha attraversato.

Ti sto guardando con gli stessi occhi.Fermati e dimmise questo non è amarsi ancora. 31, 01.

Ti sto guardando con gli stessi occhi.


Fermati e dimmi
se questo
non è amarsi ancora.

31, 01.


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