#pagine

LIVE

Ti difendo perché non farlo vorrebbe dire rinnegarti.

Il tuo silenzio è la canzone più lunga che io mai abbia ascoltato.

A furia di nominare il dovere, abbiamo perso gli svaghi. Uno però, mi è rimasto ancora.

Le canzoni le intono esattamente nello stesso posto in cui sono vissuta. Di sera, a voce bassa, per non svegliare la città, con lo sguardo rivolto al soffitto. La chitarra, si lascia coprire dalla voglia di urlare la mia stanchezza per poi restarmi accanto come quando si finisce di fare l’amore con un braccio rivolto più fuori dell’ intero corpo e con la gratitudine di chi, per un momento, si è sentito veramente bene.

Facciamo che rimango ancora un po’ ad immaginare tutto questo e che poi, con il sorriso di chi ne ha viste tante, ritorno a suonare.

#5

Questa corsa ai trent’anni per poi desiderare di tornare ventenne. I giorni tutti uguali e i desideri più grandi. Oggi voglio starmene così, come un gatto nero che guarda la pioggia dalla finestra.


#4.

Quel discorso delle isole, era una bella storia. A tratti bizzarra, a tratti poetica. Però mi piaceva ascoltarti quando ne parlavi. Non credevo che facessi sul serio. Adesso invece, posso confermarlo.

Ho perso l’accesso e tu non credi che io possa meritarlo. Tutto molto coerente. Non ho portato nulla con me. Hai ancora tutto in custodia nella parte più alta di te.

Tu mi ricordi Nisida.


#3.

Ho da dire al mondo un paio di verità. Lo faccio da sobria che forse non mi volta le spalle. Il libro che leggevo è fermo alla stessa pagina. Un giorno lo dimenticherò in treno. Che poi neanche ci vado, in treno.

Però, quel giorno, l’ho fatto. E ci sono voluti anni per dimenticarlo. E c’è voluto un secondo per ricordarlo. Se ti giri intorno e magari ti vien voglia di chiamarmi, lo completi tu il mio libro. Che ho sempre lasciato le cose a metà. Come i discorsi e il tè, che alla fine mi si fredda sempre. Però in stazione ci vengo. Tanto lo so che un po’ mi presti gli occhi. E aspetti per me. E fingi per me. E piangi per me.

#2.

Ho spazzato intorno al cuore.

Di lato, più a destra, un sentiero mi ricorda la strada di casa. Da quelle parti ci sono due grandi cespugli floreali dove si respira forte ed involontariamente. Dicono che non si può dimenticare di farlo perché poi ci si priva della vita. Allora di tanto in tanto, per non cadere nella noia prendo un sasso e lo piazzo più giù, nel retrovia. Che poi ha tutt’altro nome, ma a me piace chiamarlo così perché la zona, in penombra, ricorda un territorio di combattimento. Un luogo, dove quando piove forte ed incessantemente ci si può sentire logorare. Qui, ai più forti sale la fame, ai più deboli passa. Gli insicuri, invece, si alternano. Ancora non ho inteso la mia collocazione, però quando si sentono i tuoni provo a fare un gioco. Non sempre riesce, ma nella piazza principale, situata su, a nord della vista, raccontano da secoli che ci siano i comandi. Se li sai usare bene, puoi assaggiare una porzione di felicità, ma se li blocchi, puoi provare una sensazione che anche se non ti appartiene, risulta spiacevole fino ad aspirarti il sonno. La postazione pare sia la stessa, cambia solo il controllo. Il mio gioco è semplice, per farlo occorrono un paio di occhi e due mani. I primi mi insegnano ad osservare e ad apprezzare. I secondi a destreggiare il rischio.

#1.

Ho udito anche quando non ero disposta a farlo.

Le parole non ti insegnano dove sia la verità.

Ho riservato posti ed ho perso certezze.

L’abisso lo indosso come un marchio.

Le mani hanno smesso di raccontare storie.

Le stringo, le chiudo, le nascondo.

Avrei voluto amare forte, sentire forte, tornare forte.

Avrei voluto girarmi e guardare ancora.

Sono tutto ciò che ho perso.

-218-

Ti conosciuta per caso.

Ti ho conosciuta di fretta.

Ti ho conosciuta che ancora ti invadeva tutta la rabbia.

Ti ho scontrata , ti ho seguita, ti ho osservata.

Ti ho portata fuori, ti ho portata dentro.

E ti ho lasciata qui.

Tra un sospiro e l’altro, tra una sigaretta ed un caffè, tra una parola detta ed un’altra trattenuta.

Non ti ho mai stretta perché farlo avrebbe significato invaderti.

Sei tornata forte, sei tornata fragile, sei tornata dura, sei tornata testarda, sei tornata donna.

Sei tornata sempre.

Anche quando non hai dormito, mangiato, bevuto.

Non ti ho ancora chiesto quale sia il tuo sogno più grande.

Forse è simile al mio. O forse no.

Hai conservato un posto solo per me.

Non ci sto mai stretta, mai scomoda, mai fuori luogo.

Ti ho conosciuta attenta.

Ti ho conosciuta uguale e diversa.

Ti ho conosciuta per la prima volta.

Oggi. Tra le mie cose, tra i miei spazi, tra le pareti di casa.

Non importa come ti alzi o ti siedi, come chiudi gli occhi o li riapri.

Sei stata straordinariamente incomprensibile.

Sei stata aria, poi terra.

Sei stata il mio incanto più vero.

Adesso so cosa c’era in serbo per noi.

Ne curerò ogni dettaglio, ne custodirò ogni parte.

Non sarà mai vano tutto ciò che ci ha attraversato.

Vorrei sfogliare le pagine della tua vita,riga dopo riga, capitolo dopo capitolo, fino ad arrivare al punto in cui le nostre vite si incontrano, diventando parte di un'unica storia.

-V.

sbrodolare: e so molto bene che non ci sarai. non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo, e

sbrodolare:

e so molto bene che non ci sarai.

non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo, e quando ti penserò, penserò un pensiero che oscuramente cerca di ricordarsi di te.

…dirò le parole che si dicono e mangerò le cose che si mangiano…


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Il fatto non é più “cosa ho da perdere?” Ma é “avere quanto cazzo costa?”

Wonderland

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