#manuel

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Happy Pride Month!! I wanted to share fan ocs/ocs to celebrate! This batch is ocs from stories that have always been on the back burner but I still draw them every now and then.

I can’t be the only one who thinks ‘Blackout’ (In The Heights) is one of the best and most underrated songs of Lin’s, if not of all time.

Meg tanultam hazudni azért, hogy lásd

Nem különbözöm, nem vagyok olyan más

Simone c'ha il telefono pieno dei selfie stupidi di Manuel.

Manuel c'ha il telefono pieno delle foto che ha fatto di nascosto a Simone.

Manuel c'ha trent'anni, un figlio che è un terremoto e un lavoro decente abbastanza da farlo arrivare a fine mese senza troppe preoccupazioni.

La sua vita è stabile - più o meno. Ci sono degli alti e bassi, certo, ma un equilibrio l'ha trovato alla fine, con un po’ di sforzo e tanto aiuto da quella santa di sua madre.

Non lo fa il professore, non ancora almeno, e mentre aspetta che le graduatorie scorrano si concentra su altro; sul lavoro in biblioteca, su Leonardo che gli cresce davanti agli occhi fin troppo velocemente, sulle rughe dolci attorno agli occhi di Anita.

Si sente quasi di dire che la sua vita è bella, finalmente. Si è abituato, gli piace la sua routine, ci si affida.

Per questo quando se la trova stravolta - e in che modo - quasi gli viene un colpo, e non è una metafora.

Sta risistemando gli scaffali della sezione di matematica quando qualcuno si schiarisce la gola alle sue spalle. Manuel l'ignora e si sporge un po’ di più dalla scala per rimettere a posto l'ennesimo libro quando il tipo lo chiama per nome - eh si, per nome.

E “guarda, so passati diec'anni ma sei sempre stronzo eh”.

E manco a dirlo la suola gli scivola, e per la prima volta in dieci anni che rivede Simone finisce a muso a terra e coperto da libri nel giro di pochi secondi.

Si fa pure male, ovviamente.

Però quando alza gli occhi Simone sta davvero lì, un po’ più alto e con gli occhiali, le mani che si muovono veloci per aiutarlo a tirarsi su.

C'ha sempre gli stessi occhi.

Se possibile è pure più bello.

Manuel deglutisce mentre una vagonata di sentimenti repressi gli arriva addosso e lo schiaccia, “Oh”

Simone gli sorride, “Oh, solo questo me dici? Che te devo portà a farti controllà sta testa?”

Manuel fa segno di no, che non c'è bisogno, poi se lo abbraccia stretto e gli tira uno schiaffo tra le scapole, “a stronzo che non sei altro, tutto sto tempo c'hai messo a tornà”

“Allora, me lo fai conoscere Leonardo o no? ”

Manco a dirlo.

Simone lo stronzo se n'era andato al MIT, perché pure se è stronzo è uno stronzo intelligente, e infondo infondo Manuel é più stronzo di lui.

Non gli ha dato niente per restare, ma manco niente per tornare.

Nonostante questo, restando a Roma, un po’ grazie a sua madre, un po’ per un affetto profondo che non avrebbe mai ammesso a parole, i rapporti con Dante non s'erano mai affievoliti, tant'è che più di una volta Leonardo si era ritrovato a chiamarlo nonno.

A Dante faceva piacere, ad Anita pure, a Manuel manco a dirlo.

A Simone faceva strano, ma uno strano buono, uno strano che ti attorciglia lo stomaco ma che ti riscalda dentro.

Guarda Leonardo sgambettare allegramente nel salotto di quella che era casa sua e un po’ si rivede bambino, un po’ pensa a Jacopo e un po’ pensa a quanto Manuel sia cresciuto e cambiato.

Leonardo ha cinque anni e Manuel gli sta dietro come un'orgogliosa mamma chioccia, non gli fa mancare nulla ed è sempre attento e sorridente. Sembra tutta un'altra persona.

Poco importa come Leonardo sia entrato nella sua vita, Manuel lo ama in modo viscerale ed è evidente in ogni suo gesto.

Simone li guarda quando Manuel prende il figlio in braccio e gli lascia un bacio appiccicoso sulla guancia solo per farlo ridere, e il cuore gli si scioglie.

Neanche diec'anni e mezzo mondo di distanza erano riusciti a fargli scordare di Manuel.

Ci aveva provato, s'era innamorato, ma con Manuel tutto era semplicemente diverso, naturale, sapeva di casa.

Si ridesta quando Leonardo gli si avvicina, un sorriso soddisfatto e le manine sporche di terra. Simone non esita ad alzarsi per giocare con lui.

Quando Anita li richiama per la cena sono entrambi un disastro per essersi rotolati nel giardino. Manuel si sposta dalla veranda e prende Leonardo in braccio, cerca di fare lo stoico ma si vede che vuole ridere, “guarda come me lo hai combinato, sei peggio di lui”

Simone arrossisce ma sorride, poi li segue al piano di sopra per darsi una ripulita.

Dopo cena la serata rallenta, Dante ed Anita li cacciano via dalla cucina e Leonardo crolla sul divano. Così, come se dieci anni fossero nulla, Manuel e Simone si ritrovano a bordo piscina a smezzarsi una sigaretta, come se fossero ancora adolescenti.

C'è poca luce, c'è tanta calma, e Manuel si sente così inchiodato al terreno, così immerso in quell'attimo che per un secondo gli pare d'essere tornato davvero indietro del tempo, d'esse ancora un ragazzetto con un casino indecifrabile in testa.

Ma non c'è più casino adesso, c'è solo Simone, ancora Simone, e tanta, tanta consapevolezza del tempo andato.

Gli pesa il cuore, e Simone è così bello. Manuel non ce la fa proprio più a tenersi tutto dentro.

Simone gli sorride con quegli occhi enormi che c'ha quando gli passa la sigaretta e Manuel s'arrende.

Gli prende la mano, lo abbraccia.

“Mi sei mancato. Mi manchi ogni giorno Simó”

Simone si sposta, gli bacia il mento, “ho accettato un posto qui a Roma”

A Manuel quasi viene da piangere, “resti? ”

“resto”

“con me?”

“sempre”

Pare strano, ma quello più scorbutico dei due appena sveglio è Simone, e Manuel sta sempre sul chi va là quando gli capita d'addormentarsi davanti a qualcuno- tipo in vacanza, quando Simone gli si è addormentato sulla spalla.

Matteo non la finiva de fa casino e de strillà, che Manuel gli avrebbe volentieri tirato il collo, ma Simone gli stava dormendo addosso, e il massimo che poteva fare era tirare occhiatacce e minacce velate.

“Statte zitto che poi o'svegli e me lo devo sopportà io”

Quello stronzo di Matteo gli aveva solo riso in faccia.

E Simone s'era svegliato.

Ovviamente.

E s'era pure imbronciato.

Ovviamente.

E s'era accoccolato più stretto contro il suo petto, così, giusto per fargli venì n'infarto a vent'anni. Che non ce bastava il broncio a stendere Manuel.

“Manu-”

Simone s'era lamentato, piano piano, con gli occhi stretti, pareva n'gattino incazzato.

“torna a dormì, ce sto io n'te preoccupà” gli aveva detto, una mano sull'orecchio che non era sul suo petto per attutire il casino, l'altra avvolta attorno a lui.

N'altra occhiataccia a Matteo - e uno sguardo implorante a quella santa de Chicca- e s'erano ritrovati da soli, con Simone mezzo sveglio e tanto, tanto caldo, stretto a lui.

“C'ho ancora sonno”

Manuel non ce la fece proprio a non baciarselo a quel punto.

Un bacio piccolo piccolo, sulla punta del naso, “e dormi allora, te sveglio io quando dobbiamo annà”.

~Se potesse questo buio cancellare l'universo

Forse ti potrei guardare e non sentirmi così perso~

(Manuel piano piano c'arriva, ha solo bisogno di tempo)

Simone e Manuel.

E io che leggo Sparks Fly di @gloriabourne e fangirlo male.

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