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VOCI DI ROMA

AMMISSIONE DEI GALLI IN SENATO

“L’imperatore [Claudio], per nulla turbato da questi e simili argomenti, subito replicò e poi, convocato il senato, parlò così: «I miei progenitori (il più antico tra loro, Clauso, di origine sabina, fu accolto contemporaneamente nella cittadinanza romana e nel patriziato) inducono a seguire nel governo criteri analoghi ai loro, applicando qui ciò che altrove fu efficace. So bene infatti che la famiglia Giulia fu fatta venire da Alba, i Coruncani da Camerio, i Porci da Tuscolo e che, tralasciando esempi remoti, famiglie di senatori furono accolte dall’Etruria, dalla Lucania e da ogni parte d’Italia: più tardi l’Italia stessa fu ampliata fino alle Alpi, sicché non solo gli individui singolarmente, ma le terre e i popoli furono unificati nel nome di Roma. La nostra patria fu in duratura pace, e fummo potenti sui nemici esterni, proprio quando i Transpadani furono accolti nella cittadinanza, e quando con l’invio di legionari in ogni angolo della terra si sostenne un dominio stremato, con il supporto validissimo dei provinciali. Ci rincresce forse la venuta dei Balbi dalla Spagna, e di altri non meno grandi uomini dalla Gallia Narbonense? Restano i loro discendenti e amano questa patria non meno di noi. Quale altra scelta rovinò Sparta e Atene, pur forti nelle armi, se non il fatto di tenere lontani come stranieri i nemici sconfitti? Invece Romolo, il nostro fondatore, fu tanto più saggio, da saper considerare molti popoli, nello stesso giorno, prima nemici, poi concittadini.

Vi furono stranieri tra i nostri re; l’affidamento di cariche pubbliche a figli di liberti non è, come molti erroneamente pensano, recente innovazione, ma frequente pratica dei nostri antenati. Certo i Senoni furono nostri nemici: ma Volsci ed Equi non si schierarono mai contro di noi? Fummo sconfitti dai Galli: ma demmo ostaggi anche agli Etruschi e subimmo il giogo dei Sanniti. Eppure, a riconsiderare tutte le nostre guerre, nessuna fu conclusa così in breve quanto quella contro i Galli, e allora la pace fu duratura e leale. Ormai essi sono uniti a noi grazie ad usi, attività, parentele: contribuiscano anche con l’oro e le risorse, piuttosto che possederli per sé soli. Tutti gli istituti, o senatori, che ora son giudicati di grande antichità, furono innovazioni: le magistrature concesse ai plebei dopo i patrizi, ai Latini dopo i plebei, a tutti i popoli d’Italia dopo i Latini. Anche questo diverrà consuetudine, e ciò che oggi giustifichiamo con l’esempio del passato, sarà a sua volta di esempio».

Al discorso dell’imperatore seguì il decreto del senato: gli Edui ebbero per primi il diritto di essere senatori in Roma”.


✍️Tacito, Annali, XI, 24 - 25,1; (a cura di R. Oniga), Einaudi, Torino, 2003.


(Nella fotografia: Tabula Claudiana detta anche Tavola di Lione, in quanto rinvenuta nel 1528 a Lione, nella quale è possibile leggere un ampio stralcio del discorso tenuto dall'imperatore Claudio in Senato, discorso ripreso appunto da Tacito negli Annali)

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