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dall’appennino all’Hindu Kush, resistere sempre a tutti i fascismi

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#OraESempreResistenza la storia del nonno di @emidio_san e @__santilli Davide Quaglia, nato il 19 ap

#OraESempreResistenza la storia del nonno di @emidio_san e @__santilli

Davide Quaglia, nato il 19 aprile 1924, partigiano della Brigata Mazzini.
l'8 settembre 1943 si trovava nella sua casa, a Canelli dove fu catturato dai nazifascisti e avviato alla deportazione in Germania .
Riuscì a fuggire gettandosi dalla tradotta in corsa.
Unitosi alla resistenza fu catturato di nuovo e arrestato dai fascisti, ma venne liberato in maniera rocambolesca da un soldato americano travestito da repubblichino che finse di fucilarlo, permettendogli di ritornare in montagna, raggiunti i suoi compagni continuò la resistenza e lo si vede nei video di piazzale Loreto mentre era nel cordolo di sicurezza davanti alle salme di Mussolini e gli altri fucilati.
Ha da poco compiuto 96 anni e vi saluta dalla Provincia di Asti

#hipdem #25aprile #resistenza
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“ La via democratica al socialismo è una trasformazione progressiva – che in Italia si può realizzare nell’ambito della Costituzione antifascista – dell’intera struttura economica e sociale, dei valori e delle idee guida della nazione, del sistema di potere e del blocco di forze sociali in cui esso si esprime. Quello che è certo è che la generale trasformazione per via democratica che noi vogliamo compiere in Italia, ha bisogno, in tutte le sue fasi, e della forza e del consenso.
La forza si deve esprimere nella incessante vigilanza, nella combattività delle masse lavoratrici, nella determinazione a rintuzzare tempestivamente – ci si trovi al governo o all’opposizione – le manovre, i tentativi e gli attacchi alle libertà, ai diritti democratici e alla legalità costituzionale. Consapevoli di questa necessità imprescindibile, noi abbiamo messo sempre in guardia le masse lavoratrici e popolari, e continueremo a farlo, contro ogni forma di illusione o di ingenuità, contro ogni sottovalutazione di propositi aggressivi delle forze di destra. In pari tempo, noi mettiamo in guardia da ogni illusione gli avversari della democrazia. Come ha ribadito il compagno Longo al XIII Congresso, chiunque coltivasse propositi di avventura sappia che il nostro partito saprebbe combattere e vincere su qualunque terreno, chiamando all’unità e alla lotta tutte le forze popolari e democratiche, come abbiamo saputo fare nei momenti più ardui e difficili.
Del “consenso” la profonda trasformazione della società per via democratica ha bisogno in un significato assai preciso: in Italia essa può realizzarsi solo come rivoluzione della grande maggioranza della popolazione; e solo a questa condizione, “consenso e forza” si integrano e possono divenire una realtà invincibile.
Tale rapporto tra forza e consenso è del resto necessario quali che siano le forme di lotta adottate, anche se si tratta di quelle più avanzate fino a quelle cruente. Il nostro movimento di liberazione nazionale, che fu un movimento armato, ha potuto resistere e vincere perché era fondato sull’unità di tutte le forze popolari e democratiche e perché ha saputo conquistarsi il sostegno e il consenso della grande maggioranza della popolazione. Del resto, anche sulla sponda opposta, si è visto che i movimenti antidemocratici e lo stesso fascismo non possono affermarsi e vincere unicamente con il ricorso alla violenza reazionaria, ma hanno bisogno di una base di massa più o meno estesa, soprattutto in paesi con una struttura economica e sociale complessa ed articolata. Ed è perfino ovvio ricordare che, più in generale, il dominio della borghesia non si regge solo sugli strumenti (da quelli più brutali a quelli più raffinati) della coercizione e della repressione, ma si regge anche su una base di consenso più o meno manipolato, su un certo sistema di alleanze sociali e politiche.
È il problema delle alleanze, dunque, il problema decisivo di ogni rivoluzione e di ogni politica rivoluzionaria, ed esso è quindi quello decisivo anche per l’affermazione della via democratica. “

———

Brano tratto da Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, articolo di Enrico Berlinguer pubblicato il 12 ottobre 1973 su Rinascita, periodico politico-culturale del Partito Comunista Italiano.

Albert Kesselring era il comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia. Nel 1947 fu processato per crimini di guerra [Fosse Ardeatine, Marzabotto] e fu condannato a morte. La condanna fu poi commutata nel carcere a vita. Nel 1952 fu liberato per via delle sue condizioni di salute e dopo il suo ritorno in Germania disse che gli italiani dovevano essergli grati e avrebbero dovuto dedicargli un monumento. Piero Calamandrei, partigiano e politico italiano, scrisse questa epigrafe. [*]

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Lapide collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista.

Piero Calamandrei (1889-1956)

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

– Pietro Calamandrei

Premise
When Kesserling, the commander in chief of nazi troops in Italy and the man responsible for several massacres, was granted grace by virtue of his “serious health condition” and sent back to Bavaria (instead of being kept in a prison for life like his sentence, already commuted from death to life in prison, asked), he had the gall to say that not only he didn’t regret anything, but that Italians should have been grateful to him to the point of building him a monument.
Pietro Calamandrei answered with this poem.
One dedicated to all people fighting for the freedom of their own country against an aggressive and oppressive dictatorship.

Translation

You shall have it
kameradKesserling
the monument you demand from us Italians,
but the stone it will be built of
we shall be the ones to choose.

It won’t be made of the blackened bricks
of defenceless villages mangled by your killings,
not of the earth of graveyards
where our young comrades
peacefully rest,
not of the inviolated snow of the mountains
that for two winters challenged you,
neither of the spring of these valleys
that saw you flee.

But we shall only use the silence of those you tortured
stronger than any boulder,
only the rock of this pact
sworn among free men
that joined of their own will,
in the name of dignity not of hate,
determined to redeem
the shame and terror of the world.

On these streets, if you’ll want to come back,
in our places you shall find us again
the dead and the living together, with the same dedication
a people holding tight to the monument
that is called,
now and forever,
RESISTANCE

A huge thank you to @skyeventide for the translation suggestions

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