Era brusco, Calvino, di poche parole. Per timidezza, per l'abitudine al silenzio che gli veniva dagli avi, forse un riflesso difensivo nei confronti di un padre e di una madre autoritari, che sarebbe stato vano contrastare. L'aveva scritto lui stesso: la parola è una cosa gonfia, molle, un po’ schifosa, mentre ogni tipo di comunicazione dovrebbe essere improntata a un criterio di precisione, d’economicità.” Nella primavera del 1984 Calvino è a Siviglia con la moglie Chichita, argentina di nascita. In un albergo della città Jorge Luis Borges, cieco da tempo, incontra alcuni amici. Arrivano anche i Calvino. Mentre Chichita conversa amabilmente con il connazionale, Italo si tiene come al solito in disparte, tanto che lei ritiene opportuno avvertire:
“Borges, c’è anche Italo…”
Appoggiato al bastone, Borges solleva in alto il mento, dice quietamente:
“L’ho riconosciuto dal silenzio”.
da I migliori anni della nostra vita, diErnesto Ferrero (Feltrinelli, 2005)
Nell’immagine Italo Calvino disegnato da Tullio Pericoli