Gli italiani-social hanno le idee piuttosto chiare su come dovrebbe andare in Ucraina.
Aprono i neuroni e copincollano da Travaglio o da Orsini: «Non sono putiniano, ma».
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Travaglio ha detto martedì che di “filoputiniani” in Italia non ce n’è «nemmeno uno», che il problema è al contrario «una specie di caccia alle streghe» scatenata contro chi si permette di avanzare il minimo dubbio, «una specie di caccia all’uomo» che «criminalizza chi cerca le cause della guerra, scambiandole con il dar ragione a Putin».
Trattandosi di una tesi piuttosto diffusa, vale la pena riportare il ragionamento per esteso. Testualmente: «Adesso chiunque cerchi le cause di questa guerra, che non è iniziata il 24 febbraio, ma che dura da una decina d’anni, e che rimonta a molto prima e che ha molte concause, viene indicato come un servo di Putin. Quindi, in Italia non c’è nessun filoputinismo: io non conosco nessuno che dia ragione a Putin o che tifi per Putin, sono tutte sciocchezze queste, che vengono dette per utilizzare la guerra e la resistenza degli ucraini per regolare conti alla buvette di Montecitorio. È una cosa ignobile che non fa onore a chi ci prova».
Dire che questa guerra «non è cominciata il 24 febbraio», cioè con l’invasione russa, ma almeno dieci anni fa, è la massima giustificazione di Putin che sia possibile immaginare, negando per l’appunto il fatto principale: e cioè che È STATA LA RUSSIA, con l’invasione del 24 febbraio, A INIZIARE LA GUERRA. Ma forse su questo punto pesa soprattutto il fatto che il 23 febbraio Travaglio metteva nero su bianco il seguente incipit: «L’altra sera, mentre tg e talk rilanciavano l’ennesima fake news americana dell’invasione russa dell’Ucraina (ancora rinviata causa bel tempo…)».
Più difficile è capire come Travaglio possa sostenere che in Italia non ci sia «nessun filoputinismo», e addirittura di non conoscere nessuno che dia ragione o tifi per Putin. Evidentemente, pur avendolo appena scelto come editorialista del suo giornale, non conosce Alessandro Orsini, il quale due giorni fa ha così presentato la sua personale soluzione al rischio che i russi usino la bomba atomica: «Facciamo vincere la guerra a Putin».
Dire «facciamo vincere la guerra a Putin» pare abbastanza per definire qualcuno «filo-Putin», ma forse sfugge qualche aspetto particolarmente complesso del discorso, che per essere onesti, a seguirlo in tutti i passaggi, era pure peggio. Infatti il punto era che aiutare l’Ucraina mettendo Vladimir Putin in una «condizione disperata» lo avrebbe costretto, poverino, a usare le bombe atomiche, e a quel punto, tenetevi forte, «l’Europa sarebbe moralmente corresponsabile di un massacro nucleare». E a dirlo, per giunta, è lo stesso signore che da settimane spiega come sia IMMORALE AIUTARE GLI UCRAINI A DIFENDERSI, in quanto non hanno nessuna speranza di farcela, e così prolunghiamo solo le loro sofferenze, perché «o diamo a Putin quello che vuole o Putin se lo prende lo stesso». Insomma, dobbiamo dare a Putin quello che vuole perché tanto ha già vinto, ma anche perché aiutando l’Ucraina rischiamo di metterlo in una «condizione disperata», spingendolo quindi a usare l’atomica.
Come si vede, l’analisi di questo raffinato studioso passa indifferentemente dal dichiarare Putin già vincitore al dipingerlo sull’orlo della disperazione. L’unica cosa che non cambia è la conclusione, che è sempre la stessa: DOBBIAMO DARGLIELA VINTA. Definirlo filo-Putin, obiettivamente, mi sembra perfino riduttivo.
Se la questione riguardasse però soltanto il Fatto Quotidiano, il suo direttore e i suoi collaboratori, obiettivamente, ci sarebbe poco di cui stupirsi. In fondo, tutto si può contestare a Travaglio ma non di non avere una linea editoriale perfettamente coerente, specialmente in fatto di casting televisivi: nel pieno della pandemia ha offerto una rubrica fissa alla dottoressa salita agli onori delle cronache per avere detto che gli allarmi erano infondati, perché Covid era «una semplice influenza»; nel pieno della guerra ha subito arruolato il professore diventato famoso per aver avuto il coraggio di sostenere che l’ostacolo alla pace è Volodymyr Zelenski, e che per questo andrebbe rimosso.
Il problema è che simili ragionamenti sono diventati ormai una posa diffusissima, quasi un nuovo tipo umano, e sicuramente un nuovo tipo di personaggio televisivo. Sono quelli che «NON SONO AMICO DI PUTIN, MA». Quelli che rilanciano ogni giorno TUTTE LE PEGGIORI BUFALE DELLA PROPAGANDA RUSSA (i più furbi magari premettendo pudicamente un classico «non so se sia vero, però…»), ma guai a chiamarli putiniani. Stanno tutti i giorni in tv e sui giornali a lamentarsi di un NUOVO MACCARTISMO (il principio di non contraddizione abbiamo già visto che non è il loro forte), vittime di una caccia alle streghe che colpirebbe implacabilmente chiunque voglia solo esprimere «un dubbio».
Ma la verità è che dicono di voler esprimere un dubbio perché neanche loro hanno il coraggio di trarre le conseguenze dalle loro stesse affermazioni, perché tirano il sasso e nascondono la mano. Non vogliono dire che Putin abbia ragione, vogliono esprimere il dubbio che forse — chi lo sa, ho detto forse, hai visto mai? — abbiano torto i suoi avversari. E perbacco, il mondo non è mica tutto o bianco o nero, cos’è questa logica binaria? Le cose sono più complesse.
Le cose sono complesse, certo. Ma i tartufi si riconoscono lo stesso: se uno soltanto li nomina per segnalare le assurdità che contribuiscono a far circolare, subito gridano alla LISTA DI PROSCRIZIONE e alla CACCIA ALL’UOMO. Quindi non li nominerò, che poi, a volerne approfittare, sarebbe anche un bel vantaggio, perché almeno potrei dire fino in fondo quel che ne penso. Ma sinceramente non mi va nemmeno di insultarli, perché c’è una sola categoria che ritengo si possa collocare moralmente persino più in basso di coloro che sostengono e fanno il tifo per chi BOMBARDA I CENTRI ABITATI, DEPORTA I CIVILI, COSTRINGE INTERE FAMIGLIE A NASCONDERSI SOTTOTERRA E A BERE L’ACQUA DALLE POZZANGHERE: la categoria di coloro che fanno del loro meglio per appoggiare i responsabili di tutto questo, senza nemmeno il coraggio di dirlo.
Giù il cappello di fronte a Marina Ovsjannikova, una donna con più coraggio di mille uomini. Perché un’irruzione in diretta contro Putin non è esattamente come un’irruzione di Gabriele Paolini contro Emilio Fede.
Reminder that the Holocaust wasn’t discovered until the end of the war and allied troops invaded and overran the camps.
So how long are we going to wait before we realize that evil people don’t stop being evil, they evolve.
This needs to stop.
If you want to help support the protection and feeding of Ukrainian civilians, I strongly recommend donating to World Central Kitchen. They’ve been on the ground funneling supplies to and from train stations in Ukraine, setting up four doors kitchens and feeding those trying to escape, and as such have been literally present at many of the recent civilian bombings, such that the CEO has been reporting on his experiences there. It seems fitting that they’re the charity I’d first recommend.
March 15, 2022 by an article translated from JungeWelt — an interview with Dmitri Kovalevich, a Ukrainian journalist and a member of the Ukrainian Marxist organization Borotba.
Fascists gain more and more ground in Ukraine, West willingly supplies weapons.
Neo-Nazis played a decisive role during the 2013/2014 “Euromaidan” in Ukraine. After that, they assumed a number of leadership positions in all spheres of the Ukrainian state apparatus; their paramilitary armed formations were legalized and incorporated into the National Guard, the police and the regular army. The neo-Nazi Azov-regiment was also given the field of educating (indoctrinating) children and young people who were brainwashed for eight consecutive years in special training camps. There is a perfectly balanced synergy between president Zelenskyy and the fascist and nazi paramilitary organizations batallions.
During all these years, only Ukraine and the United States voted annually in the United Nations against this FN resolution on condemning and stopping glorification of Nazism, which already says a lot. Gradually, the state apparatus merged with several openly neo-Nazi paramilitary battalions, units/organizations, and groups. The ideology of the ultra-right became the state ideology, their symbols became official state symbols. The slogan of the Nazi collaborators, “Glory to Ukraine,” has become an official greeting in the army, and even liberal European politicians do not hesitate to repeat it.
The leader of the neo-Nazi group “C 14,” Yevgeny Karas, said at a press conference in Kiev on February 23, the eve of Russia’s operation, that a number of countries had provided a large amount of military support “not because they want us to benefit from it,” but because the state was “performing the tasks of the West.” He continued, “We are the only ones who are willing to perform these tasks because we have fun - we like to kill, and we enjoy fighting.”
Not surprisingly, since the beginning of the Russian operation, the neo-Nazis and the extreme right have offered the most stubborn resistance. Denazification is directed specifically against them, but they try to present their cause as the cause of the entire Ukrainian people, as the cause ofl all. Europe, which they are supposedly protecting from the “Asian hordes.” For the past eight years, the Western media have tried to timidly criticize neo-Nazi units such as “Azov”, “Free Corps”, “Right Sector”, “Misanthropic Division”, “C 14”, “Kharkiv-1” and “Kharkiv-2” , “Aidar Battalion”, “Dnipro-1” and “Dnipro-2”, “Kyiv-1” and “Kyiv-2”, “Tornado Batallion” (released from jail), “Wotan Jugens” (Ukrainan unit), but since late February they have become quite acceptable defenders of Ukraine (most notable the “Azov” regiment.
The neo-Nazis of “Azov” are the most motivated forces, and they were, as far as my knowledge goes, the first to receive Western weapons. The US media also freely reports that they supply “Azov”.
On March 3, Ukraine’s ‘Northern’ Operations Command published photos of troops being instructed in the the use of NLAW and Javelin anti-tank weapons. Since then, more such images have been published by the “Azov National Guard” battalion, the U.S. portal Overt Defense wrote on March 8.
In addition to the regular army units, “territorial defense detachments” were formed from the civilian population at the end of February, which immediately received the nickname “Volkssturm” in Ukraine. These units are led by representatives of extreme right-wing groups who have undergone training or have experience of military action in the Donbass. Regularly have to pass their checkpoints, which are established at every intersection. The fighters of the “Territorial Defense” appear quite arrogant even to representatives of the Ukrainian authorities. They do not allow men between the ages of 18 and 60 to leave the region. Refugees fleeing the war zones are often forced to take a “language test” on their Ukrainian language skills. Those who fail the test are either not allowed through or are subjected to a humiliating check where they have to undress in the cold, with many being forcefully taped onto poles, lamp posts, trees, et cetera. They take a particularly harsh attitude toward people from Asian and African countries who try to leave the country.
The “Territorial Defense” as well as military personnel like to show the insignia of the 3rd SS Panzer Division “Totenkopf”, the Nazi symbol “Black Sun”, which even got into congratulatory NATO tweets to fighting Ukrainian women on March 8. Of course, not all soldiers of the army or members of the “territorial defense” are supporters of neo-Nazi views. However, they are all to one degree or another under the leadership and control of the extreme right-wing forces that form the backbone of the Ukrainian armed forces.
Pictured: Members of the “Azov National Corps” celebrate the second anniversary of their establishment in Kiev without any problems (2.3.2019).”
