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Vittorio Sgarbi

“ Vittorio Sgarbi nasce nel 1952 a Ferrara. Si capisce subito che non è un bambino come gli altri. Appena venuto al mondo è già così antipatico che l'ostetrico, per farlo respirare, anziché dargli il solito schiaffetto, decide di dargli un pugno. Sgarbi all'inizio incassa, ma poi la sera va al Maurizio Costanzo Show, manda a cagare il medico, querela la levatrice, si scopa tre signore del pubblico e torna a Ferrara in tempo per la poppata di mezzanotte.
A sei anni Vittorio ha i primi guai con la giustizia. Iscritto dalla madre Caterina all'Istituto dei Canonici Mattei di Ferrara, Sgarbi durante uno scambio di figurine dei calciatori coi compagni, per avere Skoglunt, Stacchini e Dell'Omodarme, che gli consentivano di finire la raccolta, offre in cambio un Correggio, un Pisanello e un Vivarini della pinacoteca paterna. Succede il finimondo: il padre lo va a prendere a scuola e davanti a tutti i compagni e al Direttore gli dà un ceffone. Allora, come in una pagina di De Amicis, il piccolo Vittorio, con gli occhi gonfi di lacrime, si inginocchia, abbraccia le gambe del padre e gli morde le palle. «Lasciami, birba!», implorava dolorante il genitore. «Inculati, stronzo», rispose Vittorio tra il deliquio delle compagne di scuola. Allora il Direttore guardò fisso Sgarbi in mezzo al silenzio della classe e gli disse con un accento da far tremare: «Sgarbi, tu uccidi tuo padre!» Tutti si voltarono a guardare Sgarbi. E l'infame sorrise.
Uscito dal liceo, Vittorio comincia ad appassionarsi alla storia dell'arte. Fruga cantine, magazzini, sacrestie. Rimuove quintali di polvere e ragnatele, poi finalmente mette a segno il colpo che gli cambia la vita. In un antico palazzo veneziano con l'intuito di uno Schliemann scopre, quasi completamente corrosa dall'umidità e dalla muffa, una vecchia contessa. La restaura, si fa fotografare al suo fianco e lei in cambio lo introduce nei salotti della mondanità veneta. Da quel giorno in poi il suo successo con le donne è strepitoso. Sarà quella faccia da vir melanconicus, saranno quelle gambucce di tenero sedano, saranno quelle manine eburnee e irrequiete sta di fatto che Sgarbi è come Shelley, come D'Annunzio, come Majakovskij, ha cioè il fascino del contenuto che fa trascurare quello della confezione.
In una recente indagine della Makno alla domanda: Andreste a letto con Vittorio Sgarbi?, 50 donne su 100 hanno risposto «sì», mentre le altre 50 hanno risposto: «un'altra volta?» Naturalmente è proprio grazie a questo genere di riscontri che Sgarbi ha sviluppato un narcisismo spropositato: ormai non solo si crede più intelligente di Maurizio Costanzo ma addirittura più attraente. “

Gino & Michele,Saigon era Disneyland (in confronto), Milano, Baldini & Castoldi, 1991¹; pp. 75-76.

Antonio (Murano 1420 ca.-Venezia 1484) e Bartolomeo Vivarini (Murano, 1430 circa – dopo il 1491)PoliAntonio (Murano 1420 ca.-Venezia 1484) e Bartolomeo Vivarini (Murano, 1430 circa – dopo il 1491)PoliAntonio (Murano 1420 ca.-Venezia 1484) e Bartolomeo Vivarini (Murano, 1430 circa – dopo il 1491)PoliAntonio (Murano 1420 ca.-Venezia 1484) e Bartolomeo Vivarini (Murano, 1430 circa – dopo il 1491)Poli

Antonio(Murano 1420 ca.-Venezia 1484) e Bartolomeo Vivarini (Murano, 1430 circa – dopo il 1491)
Polittico della Certosa
1450, Bologna, Pinacoteca Nazionale
tempera su tavola, 393 x 263 cm
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Giovanni Bellini (Venezia 1433-1516)
Pala di San Zaccaria
1505, Venezia, S. Zaccaria
olio su tavola trasportata su tela, 402 x 273 cm
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Giorgione
(Giorgio Barbarella, Castelfranco Veneto 1478 ca – Venezia 1510)
Pala di Castelfranco
1502-04 ca, Duomo di Castelfranco Veneto
tempera su tavola, 200 x 152 cm
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Palma il Vecchio (Jacopo Negretti, Bergamo 1480 – Venezia 1528)
Sacra Conversazione
1525 ca, Napoli, Museo di Capodimonte
olio su tavola, 131 x 194 cm
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Oggi quattro quadri ar prezzo de uno, ma nun te preoccupà che ‘a faccio breve. Stamo in zona Venezia, città lagunare portuale e traffichina, tra metà Quattrocento e metà Cinquecento, e vedemio come cambieno ‘e pale d’artare.
‘A più antica è un polittico vecchio stile, che già l’amo visti questi qua fatti a scomparti tipo carte da gioco, caa madonna ar centro e li santi de qua e de là belli ordinati ognuno drento ar riquadro suo come che fosse no schedario fondo oro e merletto tardogotico.
Ai primi der secolo dopo, vedemio che ‘a cornice s’allarga e ‘o spazio diventa uno solo, e li santi piano piano s’avvcineno. ‘A Madonna sale un gradino più in alto perché vabbè che amo aperto ‘e frontiere però statevene ar posto vostro e nun ve scordate chi sò io; e i santi se metteno in posa tipo foto de classe, metà de qua metà de là, sciorti ma non troppo, rispettosamente in piedi anche se un po’ se ponno move, e comunque sempre in ordine e simmetria. Bellini tii piazza drento no spazio prospettico bello rinascimentale tipo chiesa; er Giorgione osa un po’ de più, tii mette sì in posa ma come a na specie de terazzino aperto su ‘o sfonno, che se vede er paesaggio. E’ come si sentissimo che sti santi vonno uscì, se sò stufati de sta in piedi a lato Madonna a regge stendardi, calici o corone, e vonno esse libberi.
E finarmente ce riescheno. ‘A pala d’artare se trasforma in Sacra Conversazione, tipo qui Parma er Vecchio (che nun è nato Vecchio ma se chiama così pe distinguelo da Parma er Giovane) che finarmente a sti santi je dà er pomeriggio libbero, ‘i porta in campagna, ‘i fa mette a sede,  come che stessero a fà un Sacro Picchenicche. E ‘a Madonna je fa a Giovanni Battista: “Bada, chi ha preparato i panini e tutto? Chi devo ringrazià, chi paga?”, e lui je indica i donatori, che manco a dì, mo se metteno a sede pure loro e se fanno sto pranzo ar sacco co Maria, santi vari e Bambin Gesù, a tu per tu, ar fresco e in sciortezza.


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