#majakovskij

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Quattro. Pesanti come un colpo.

“A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”.

Ma uno come me dove potrà ficcarsi?

Dove mi si è apprestata una tana?

S'io fossi piccolo come il grande oceano,

mi leverei sulla punta dei piedi delle onde con l'alta marea,

accarezzando la luna.


Dove trovare un'amata uguale a me?

Angusto sarebbe il cielo per contenerla!


O s'io fossi povero come un miliardario.. Che cos'è il denaro per l'anima?

Un ladro insaziabile s'annida in essa:

all'orda sfrenata di tutti i miei desideri

non basta l'oro di tutte le Californie!


S'io fossi balbuziente come Dante o Petrarca…

Accendere l'anima per una sola, ordinarle coi versi…

Struggersi in cenere.

E le parole e il mio amore sarebbero un arco di trionfo:

pomposamente senza lasciar traccia vi passerebbero sotto

le amanti di tutti i secoli.


O s'io fossi silenzioso, umil tuono… Gemerei stringendo

con un brivido l'intrepido eremo della terra…

Seguiterò a squarciagola con la mia voce immensa.


Le comete torceranno le braccia fiammeggianti,

gettandosi a capofitto dalla malinconia.


Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti

s'io fossi appannato come il sole…


Che bisogno ho io d'abbeverare col mio splendore

il grembo dimagrato della terra?


Passerò trascinando il mio enorme amore

in quale notte delirante e malaticcia?


Da quali Golia fui concepito

così grande,

e così inutile?



Vladimir Majakovskij, “all’amato me stesso”

Vittorio Sgarbi

“ Vittorio Sgarbi nasce nel 1952 a Ferrara. Si capisce subito che non è un bambino come gli altri. Appena venuto al mondo è già così antipatico che l'ostetrico, per farlo respirare, anziché dargli il solito schiaffetto, decide di dargli un pugno. Sgarbi all'inizio incassa, ma poi la sera va al Maurizio Costanzo Show, manda a cagare il medico, querela la levatrice, si scopa tre signore del pubblico e torna a Ferrara in tempo per la poppata di mezzanotte.
A sei anni Vittorio ha i primi guai con la giustizia. Iscritto dalla madre Caterina all'Istituto dei Canonici Mattei di Ferrara, Sgarbi durante uno scambio di figurine dei calciatori coi compagni, per avere Skoglunt, Stacchini e Dell'Omodarme, che gli consentivano di finire la raccolta, offre in cambio un Correggio, un Pisanello e un Vivarini della pinacoteca paterna. Succede il finimondo: il padre lo va a prendere a scuola e davanti a tutti i compagni e al Direttore gli dà un ceffone. Allora, come in una pagina di De Amicis, il piccolo Vittorio, con gli occhi gonfi di lacrime, si inginocchia, abbraccia le gambe del padre e gli morde le palle. «Lasciami, birba!», implorava dolorante il genitore. «Inculati, stronzo», rispose Vittorio tra il deliquio delle compagne di scuola. Allora il Direttore guardò fisso Sgarbi in mezzo al silenzio della classe e gli disse con un accento da far tremare: «Sgarbi, tu uccidi tuo padre!» Tutti si voltarono a guardare Sgarbi. E l'infame sorrise.
Uscito dal liceo, Vittorio comincia ad appassionarsi alla storia dell'arte. Fruga cantine, magazzini, sacrestie. Rimuove quintali di polvere e ragnatele, poi finalmente mette a segno il colpo che gli cambia la vita. In un antico palazzo veneziano con l'intuito di uno Schliemann scopre, quasi completamente corrosa dall'umidità e dalla muffa, una vecchia contessa. La restaura, si fa fotografare al suo fianco e lei in cambio lo introduce nei salotti della mondanità veneta. Da quel giorno in poi il suo successo con le donne è strepitoso. Sarà quella faccia da vir melanconicus, saranno quelle gambucce di tenero sedano, saranno quelle manine eburnee e irrequiete sta di fatto che Sgarbi è come Shelley, come D'Annunzio, come Majakovskij, ha cioè il fascino del contenuto che fa trascurare quello della confezione.
In una recente indagine della Makno alla domanda: Andreste a letto con Vittorio Sgarbi?, 50 donne su 100 hanno risposto «sì», mentre le altre 50 hanno risposto: «un'altra volta?» Naturalmente è proprio grazie a questo genere di riscontri che Sgarbi ha sviluppato un narcisismo spropositato: ormai non solo si crede più intelligente di Maurizio Costanzo ma addirittura più attraente. “

Gino & Michele,Saigon era Disneyland (in confronto), Milano, Baldini & Castoldi, 1991¹; pp. 75-76.

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