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VOCI DI ROMA

LA ROMA AUGUSTEA

“Realizzò numerosi monumenti pubblici. Tra questi ecco i principali: un foro con un tempio di Marte Vendicatore, un tempio di Apollo sul Palatino, un altro di Giove Tonante sul Campidoglio. Costruì un Foro perchè, data l'affluenza della folla e il numero dei processi, i due esistenti non erano più sufficienti e sembra ci fosse bisogno di un terzo; per questo ci si affrettò ad inaugurarlo, senza che fosse terminato il tempio di Marte e si stabilì che in esso fossero tenuti specialmente i processi pubblici e si facesse l'estrazione a sorte dei giudici.

Quanto al tempio di Marte aveva fatto voto di innalzarlo quando, con la battaglia di Filippi, si era vendicato dell'uccisione di Cesare; così stabilì che il Senato deliberasse in questo tempio tutto quanto si riferiva alle guerre e ai trionfi, che di qui partissero tutti coloro che si recevano nelle province con incarichi di comando e che quanti tornavano vincitori qui portassero le insegne dei loro trionfi.

Fece erigere il tempio di Apollo in quella parte della sua casa sul Palatino che, colpita dal fulmine, il dio aveva preteso per sè a mezzo degli aruspici; vi aggiunse un porticato con una biblioteca latina e greca, e qui, già vecchio ormai, riunì spesso il Senato e passò in rivista le decurie dei giudici”.


✍️Svetonio, Vite dei Cesari, Vita di Augusto, 29 (a cura di S. Lanciotti), Rizzoli, Milano 1982.

(Nell'immagine: ricostruzione grafica del Foro di Augusto)

ACCADDE OGGI

Il 12 aprile del 238 d.C. morirono Gordiano II, sul campo di battaglia e suo padre Gordiano I, suicidatosi dopo aver appreso della morte del figlio.

Padre e figlio divennero imperatori per volere dei grandi proprietari terrieri, dei soldati ausiliari e dei cittadini della provincia d'Africa, di cui Gordiano I era proconsole, subito dopo che il Senato dichiarò Massimino il Trace hostis publicus. Il padre si associò immediatamente il figlio, mentre il nipote venne nominato Cesare (il futuro imperatore Gordiano III dal 238 al 244 d.C.) e iniziò ad attuare un programma di risanamento delle finanze di Roma, cercando di ingraziarsi il popolo e i soldati e ricevendo l'appoggio di quasi tutte le province romane.

Nonostante l'appoggio ottenuto in tutto l'Impero e anche dal popolo, il loro regno durò poco meno di un mese, poiché Capeliano, il governatore di Numidia (o meglio, legatus Augusti pro praetore), era un deciso oppositore di Gordiano I per due ragioni: ebbe una disputa legale con lui (Erodiano, VII, 9, 2) ed era sostenitore di Massimino.

L'unico scontro decisivo fu la battaglia di Cartagine, combattuta tra una legione di tutto rispetto quale era la III Augusta e reparti ausiliari e cittadini raccogliticci: “Capeliano era alla testa di una poderosa armata di giovani vigorosi e ben armati, oltre che addestrati alla guerra nelle lotte sostenute contro i barbari […] i Cartaginesi erano superiori di numero, ma erano anche una turba indisciplinata e con poco addestramento militare. A peggiorare la situazione mancavano armi ed equipaggiamento adeguati” (Erodiano, VII, 9, 6).

“[…] sbaragliati dalla cavalleria numida, i pochi superstiti gettarono a terra le armi fuggendo verso la città. Molti vennero calpestati nella confusione che seguì, incalzati fin sotto le mura e trucidati davanti alle loro famiglie. Furono così tanti i morti che il corpo di Gordiano non fu ritrovato. Quando Gordiano I seppe che Capeliano era entrato in città, l'anziano imperatore si suicidò, mentre il vincitore mise a morte tutti i loro sostenitori confiscandone i beni” (Erodiano, VII, 9, 4-10).


(In foto sesterzio di Gordiano I, sul dritto: IMP(ERATOR) CAES(AR) M(ARCUS) ANT(ONIUS) GORDIANUS AFR(CANUS) AUG(USTUS) e busto laureato di Gordiano verso destra; sul rovescio: VICTORIA AUGUSTORUM e la vittoria drappeggiata con una corona nella mano destra e una palma nella sinistra. Questa moneta riporta quindi il cognomen Africanus, adottato dalla presa del potere e al rovescio AVGG, indicando quindi il regno dei due Augusti).


(I passi di Erodiano sono tratti dalla sua Storia dell'Impero Romano dopo Marco Aurelio, VII, 9, 2-10 (a cura di Filippo Cassola), Einaudi, Torino 2017).

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