#freddo

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Giochi di luce, colori e simmetrie di un Appennino che si veste d'autunno e profuma d'inverno.

Grazie ad un #esperimento nato dalla collaborazione internazionale tra diversi enti di ricerca, per

Grazie ad un #esperimento nato dalla collaborazione internazionale tra diversi enti di ricerca, per la prima volta si è riusciti a raggiungere una temperatura prossima allo #zero assoluto con un oggetto di rame del volume di 1 m^3. 


http://naturamatematica.blogspot.it/2014/10/il-metro-cubo-piu-freddo-delluniverso.html


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Indossava l’armatura da talmente tanto tempo che non ricordava più quale fosse la sensazione del vento sulla pelle. Aveva regalato tanti piccoli frammenti di sé alle persone sbagliate e una mattina, specchiandosi negli occhi della gente, si accorse di non riconoscersi più. A restituirle lo sguardo era stata un’ombra cupa e tutta buchi, con fessure d’acciaio al posto degli occhi. Era talmente piena di crepe da sentir freddo fin nelle ossa, un freddo che pian piano entrava nelle vene e si faceva strada dallo stomaco in gola, srotolandosi sulla lingua in parole gelide. Per tentare di arginarle, costruì una diga tutto intorno a sé così che, quando le frasi sgorgavano dalla sua bocca come acqua gelata, iniziarono a depositarsi ai suoi piedi. Ma più il tempo passava, più il freddo saliva, a lambirle le caviglie, le ginocchia, a cingerle i fianchi. L’armatura si stava arruginendo rapidamente, sbriciolandosi in prossimità delle giunture, mostrando sui polsi le incisioni dei nomi di chi era andato via, eterno promemoria dei suoi fallimenti. E poi via via, scoprendo porzioni sempre maggiori di pelle sulla pancia, sul collo, sul cuore. Pelle che ora era esposta a quel freddo tremendo, e si copriva di brina. I capelli le brillavano come foglie incrostate di ghiaccio. Il corpo tremava per difendersi dall’anossia, alla disperata ricerca di calore. Le mani non riuscivano più a reggere la spada che, pesante e inutile, cadde e si perse nell’acqua gelida. Che saliva e saliva, e ormai le arrivava al mento, alla punta del naso e infine la sommerse. Con tutti quegli spacchi in corpo, non era in grado di galleggiare. Inchiodata sul fondo di quel neonato lago di gelo, provò ad arrampicarsi sui muri della diga, alta e solida. Ma le pareti erano lisce e prive di appigli, l’aveva creata così proprio per resistere alla tentazione di scavalcare, per evitare di perdere altri frammenti, di tradire ancora il suo riflesso. Riflesso che la osservava smarrito dagli oblò di vetro temperato che percorrevano la diga in tutta la sua lunghezza. Il resto del mondo attraverso di essi appariva leggermente distorto, troppo colorato e luminoso, come un grande acquario tropicale. Lei appoggiò il viso contro la piccola finestra tonda, immaginando di avvertire il calore presente dall’altra parte.

Chiuse gli occhi e cominciò a cantare.

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