#schiavitù

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“ [M]entre attaccavamo i cavalli per tornare a casa, mio padre vide un vecchio negro che se ne veniva via a piedi dal combattimento, strascinando le ciabatte in mezzo alla polvere, e lo guardò bene e poi gli disse, ehi, zio, ma tu non sei il Ned di Martin?, e quello si tolse il cappello e disse, sissignore, sono proprio io, e mio padre gli disse, sei stato a vedere il combattimento, eh?, e quello disse, sissignore, e mio padre disse, ma ai vostri tempi c’era di meglio, eh?, e quello sorrise, con una bocca sdentata, e disse, sì, signore, noialtri eravamo meglio, ma cosa farci?, il mondo va sempre peggiorando, e mio padre disse, parole sante, Ned, e arrivederci, e mentre tornavamo a casa mio padre mi disse che quello era stato uno dei più forti lottatori dei vecchi tempi, e aveva fatto guadagnare al suo padrone dei bei dollari, e anche lui se n’era messi da parte un bel po’ con le scommesse, proprio così, che per un negro si poteva dire che stava bene, con quel che aveva guadagnato; già, già, disse mio padre, e io vedevo benissimo che s’era perso nei ricordi, era uno dei più forti, e che stallone, anche!, sogghignò; e io ne approfittai che non c’era lì mia madre, perché lei non gli avrebbe mai lasciato fare quei discorsi, e gli dissi, come sarebbe a dire, eh, papà?, e lui mi guardò e tacque, e poi disse, oh, be’, tanto non c’è niente che tu non possa sapere, e mi raccontò che era grazie a Ned che il vecchio Ebenezer Byrd aveva impregnato per la prima volta quella negra che s’era comprato per far razza; appena gli era entrata in casa, era andato da Sam Martin, perché quello lì era un suo negro, e per questo lo chiamavano il Ned di Martin, ed era il più forte lottatore della contea, e lui convinse Sam Martin a darglielo in affitto per un mese, e ogni notte lo chiudeva con la negra, e con tutto che il Ned di Martin era sposato e al principio aveva detto al suo padrone che lui non ne voleva sapere, be’, di lì a nove mesi quella negra mise al mondo due gemelli, e il vecchio Ebenezer e sua moglie, raccontava mio padre, erano fuori di sé dalla gioia, e si facevano in quattro per dare alla negra tutto quello che voleva, purché avesse abbastanza latte e i bambini crescessero sani; e uno poi crepò quasi subito, ma l’altro visse, e da lì cominciò la loro fortuna. “

Alessandro Barbero,Alabama, Sellerio (Collana La memoria n° 1195), Palermo, 2021¹; pp. 228-30.

“ Il padrone ce l’ha il cane, continuano a ripetere certi contadini toscani, mezzadri per la precisione. Ma quello è un proverbio ottimista, errato, dove si confondono l’essere e il dover essere. In realtà il padrone l’abbiamo tutti, allo stesso modo in cui tutti abbiamo una mamma e, se va bene, tutti abbiamo una casa. La schiavitù è durata tanti secoli, e in certi Paesi dura ancora, per colpa non dei padroni, ma degli stessi schiavi, i quali godevano d’una posizione privilegiata e mal volentieri si rassegnarono a perderla: mantenuti per tutta la vita insieme alle mogli e ai figli, con la pensione assicurata. È vero, il padrone poteva anche ucciderli, allo stesso modo in cui io, volendo, posso bruciare la mia casa, che sarebbe una bella mattana. Un onere troppo gravoso, di cui i padroni si sono liberati, trasformando gli schiavi in servi della gleba, poi in mezzadri e finalmente in braccianti, salariati, stipendiati. Tutta gente che viene pagata a giornata (anzi a bella giornata, perché se piove non beccano una lira) e si può licenziare a piacimento. Mogli e figli a carico.
La tendenza naturale dell'uomo a trovarsi un padrone appare anche in certe locuzioni che si sentono in bocca a persone stimate, come per esempio «al servizio della patria», oppure del Paese, della fede, del pubblico, eccetera. Sulle maniere più opportune per riconoscere, accostare, utilizzare un padrone si sono scritti libri su libri. Il più celebre porta la firma di Niccolò Machiavelli, e chi vuole può consultarlo con poca spesa e molto profitto. “

Luciano Bianciardi,Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento, Edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri (collana Eretica), 2008; pp. 38-40.

NOTA: Il libro raccoglie sei ironici articoli pubblicati nel 1967 su sei numeri consecutivi di “ABC”, settimanale culturale milanese anticonformista e anticlericale che aderì a numerose campagne civili, dall’aborto all’obiezione di coscienza, alla libertà sessuale, alla laicità dello stato. Significativa fu la sospensione delle pubblicazioni di questo periodico nel 1975 dovuta secondo Lidia Ravera al titolo di copertina «Polizia assassina».

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