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“ «Ci si sveglia e ci si ritrova in mezzo alla perfidia e alla bassezza e all’ottusità e alla debolezza di carattere e si comincia a pensare e non si pensa se non in termini di perfidia, bassezza, ottusità, debolezza di carattere. Se non in termini di patologia di morte e di dilettantismo esistenziale. Si ascolta e si vede e si pensa e si dimentica quello che si ascolta, si vede e si pensa, e si invecchia, ognuno nella sua connaturata maniera, nella solitudine, nell’inettitudine, nell’insolenza.
Dire che la vita è un dialogo è una menzogna come dire che la vita è realtà. Anche se non è un prodotto della fantasia, in fondo non è altro che una disgrazia in quanto infamia, un periodo di orrore il quale, lungo o breve che sia, è fatto solo di fastidi e malinconia… solo cause ed effetti di morte moltiplicati per miliardi… Abbiamo a che fare in questo caso con un’enorme intolleranza della creazione che ci deprime e amareggia sempre più e alla fine ci uccide.
Crediamo di aver vissuto e in realtà siamo morti a poco a poco. Crediamo che tutto sia stato un insegnamento e invece non è stato che una scemenza. Noi osserviamo e riflettiamo e non possiamo non vedere come sfugga tutto quello che osserviamo e su cui riflettiamo, come ci sfugga il mondo che ci siamo proposti di dominare o per lo meno di trasformare, come ci sfuggano il passato e il futuro, come noi sfuggiamo a noi stessi e come con l’andar del tempo tutto ci diventa impossibile. Noi tutti passiamo l’esistenza in un’atmosfera di catastrofe. La nostra indole tende all’anarchia. Tutto in noi desta continuamente sospetto. Dove c’è l’imbecillità, dove non c’è, è tutto intollerabile. Il mondo, da qualsiasi parte lo guardiamo, in fin dei conti è fatto di cose intollerabili. Sempre più intollerabile è per noi il mondo. Se sopportiamo l’intollerabile è per l’attitudine di ciascuno di noi a tormentarsi e a soffrire per tutta la vita, sono un paio di elementi ironici dentro di noi, un idiotismo irrazionale, tutto il resto è calunnia». “

Thomas Bernhard,Ungenach. Una liquidazione, traduzione di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 766), 2021¹; pp. 97-98.

[ Edizione originale: Ungenach. Erzählung, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1968 ]

“ Finché il mondo resterà diviso in Stati sovrani, ciascuno di essi si porrà il fine della potenza militare, e la conseguenza sarà il potenziamento industriale, giacché non si dà l'una senza l'altro. Che importerà ai governanti che vadano in malora l'ambiente naturale e il patrimonio artistico? Meno che niente. E meno che niente importerà, purtroppo, ai governanti, finché le necessità della difesa appariranno loro preminenti.
Il nemico anche per gli ecologi è dunque lo Stato sovrano armato. La battaglia ecologica ha una sola possibilità di riuscire vittoriosa: che venga prima vinta la battaglia antimilitarista.
Compagni marxisti mi obiettano che il principale male da combattere è il capitalismo. Compagni cattolici mi obiettano che la cosa più importante è la rinascita dello spirito cristiano. Gli uni e gli altri non danno peso alla divisione del mondo, qualcuno arriva perfino a sostenere la tesi aberrante che l'armamento è un bene, in quanto giova all'equilibrio delle forze (cioè, all'equilibrio del terrore).
Alcuni tra gli stessi compagni anarchici mi rimproverano di fare un discorso parziale: separata dalla lotta contro lo Stato, la lotta contro il militarismo sarebbe inefficace. È vero il contrario: la lotta contro il militarismo può tanto più facilmente trovare aderenti quanto più è separata dalla lotta contro lo Stato (o contro il capitalismo, o contro lo spirito anticristiano).
Lo Stato, il capitalismo, lo spirito anticristiano sono mali anche per me: ma l'era atomica ha imposto un ordine di priorità che dobbiamo rispettare. Non è che i problemi della libertà e della giustizia siano stati vanificati. Ma non è da essi che si può più partire per impostare una battaglia politica. La spinta umanitaria che ci ha costretto a occuparci di politica e a diventare antifascisti resta integralmente valida: ma in seno ad essa l'ordine di priorità nella soluzione dei problemi è cambiato. Solo la battaglia per la pace può includere anche le altre.
La battaglia per la giustizia sociale, cioè la battaglia contro il capitalismo, o quella per la rinascita dello spirito cristiano, o quella contro lo Stato, non devono diventare alibi per disertare la sola battaglia che sia possibile fare e che sia importante fare: quella contro il militarismo italiano.
Oggi come oggi non si vede come abbattere il capitalismo, o come far nascere una diffusa coscienza antistatalista. Mentre si vede come far nascere una diffusa coscienza antimilitarista, e come abbattere il militarismo italiano.
Ed ecco saltar su i pacifisti da strapazzo, cioè i guerrafondai travestiti da pacifisti: «Proprio dal militarismo italiano dobbiamo cominciare? Il disarmo non deve partire dai colossi che minacciano davvero la pace nel mondo, cioè dagli Stati Uniti, dall'Unione Sovietica, dalla Cina?» Rispondo parafrasando Lenin: «La catena del militarismo può essere spezzata in qualsiasi punto. L'Italia rappresenta uno degli anelli più deboli? Tanto meglio: vuol dire che noi italiani siamo facilitati in questa lotta. Spezzare la catena del militarismo nell'anello più debole, può diventare il nostro motto».
Certo, si tratterebbe di un intervento che porrebbe fine a un'istituzione millenaria. Ma quando mai la politica della sinistra è consistita nello stare a vedere, nel lasciar correre, nel tenere in piedi tutto quello che il passato ci ha trasmesso, nel lasciare che il mondo vada alla deriva? La politica della sinistra è sempre consistita nel rinnovare, nello svecchiare. “

Carlo Cassola,La lezione della storia. Dalla Democrazia all’Anarchia: una via per salvare l’Umanità, BUR, 1978¹; pp. 93-95.

“ Il padrone ce l’ha il cane, continuano a ripetere certi contadini toscani, mezzadri per la precisione. Ma quello è un proverbio ottimista, errato, dove si confondono l’essere e il dover essere. In realtà il padrone l’abbiamo tutti, allo stesso modo in cui tutti abbiamo una mamma e, se va bene, tutti abbiamo una casa. La schiavitù è durata tanti secoli, e in certi Paesi dura ancora, per colpa non dei padroni, ma degli stessi schiavi, i quali godevano d’una posizione privilegiata e mal volentieri si rassegnarono a perderla: mantenuti per tutta la vita insieme alle mogli e ai figli, con la pensione assicurata. È vero, il padrone poteva anche ucciderli, allo stesso modo in cui io, volendo, posso bruciare la mia casa, che sarebbe una bella mattana. Un onere troppo gravoso, di cui i padroni si sono liberati, trasformando gli schiavi in servi della gleba, poi in mezzadri e finalmente in braccianti, salariati, stipendiati. Tutta gente che viene pagata a giornata (anzi a bella giornata, perché se piove non beccano una lira) e si può licenziare a piacimento. Mogli e figli a carico.
La tendenza naturale dell'uomo a trovarsi un padrone appare anche in certe locuzioni che si sentono in bocca a persone stimate, come per esempio «al servizio della patria», oppure del Paese, della fede, del pubblico, eccetera. Sulle maniere più opportune per riconoscere, accostare, utilizzare un padrone si sono scritti libri su libri. Il più celebre porta la firma di Niccolò Machiavelli, e chi vuole può consultarlo con poca spesa e molto profitto. “

Luciano Bianciardi,Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento, Edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri (collana Eretica), 2008; pp. 38-40.

NOTA: Il libro raccoglie sei ironici articoli pubblicati nel 1967 su sei numeri consecutivi di “ABC”, settimanale culturale milanese anticonformista e anticlericale che aderì a numerose campagne civili, dall’aborto all’obiezione di coscienza, alla libertà sessuale, alla laicità dello stato. Significativa fu la sospensione delle pubblicazioni di questo periodico nel 1975 dovuta secondo Lidia Ravera al titolo di copertina «Polizia assassina».

Svevo, La coscienza di Zeno

Svevo,La coscienza di Zeno


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frugiperda:Scheler, Ordo amoris

frugiperda:

Scheler,Ordo amoris


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Nella mia testa hanno luogo incredibili conversazioni con persone (in realtà una persona) che io stessa ho tagliato fuori dalla mia vita. E sono conversazioni incredibilmente intense in cui metto in pratica tutte le mie (scarse ma nella fantasia incredibilmente potenziate) capacità comunicative, se non che alla fine mi rendo conto che la persona con cui io sto parlando non è altro che un'altra parte di me che ha impersonato quella persona eiettata malamente dalla mia vita. Un po’ come i bambini rimettono in scena i traumi per superarli, io metto in scena qualcosa che non è mai esistito per cercare di superare il vuoto di quello che avrei voluto che ci fosse ma non c'è stato.

Appena un po’ di senso questo post ce l'ha. Giuro.

Più della rabbia temo la tristezza: preferisco la prima perché mi fa reagire quando la seconda mi paralizza.

Daniel Goleman, Intelligenza emotiva.

Quante riflessioni si potrebbero fare su questa frase, ovviamente con tanto di paragone con la condizione che stiamo vivendo.

Mi è ancora sconosciuta la logica che governa la mia mente che decide di ignorare tutte le fortune e tutto ciò che ho raggiunto nella mia vita per focalizzarsi, principalmente prima di andare a letto, su tutto ciò che ho perso o che non ho mai avuto.

frugiperda:

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Bauman,Amore Liquido

Nüwa, dea cinese creatrice dell'umanità

Nüwa, dea cinese creatrice dell’umanità

Buon anno a tuttə! Nella divinazione di inizio anno con le carte dei tarocchi mi è capitata la dea cinese Nüwa.È la creatrice dell’umanità che ha plasmato con l’argilla. Dopo aver creato centinaia di esseri umani, si è stufata e ha intriso una corda di argilla facendola ruotare per fare depositare i grumi di fango nel mondo. È una dea della creazione che fa intendere che la società cinese non è…


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Perché anche il cuore umano ha la sua notte, piena di emozioni non meno selvagge dell'istinto di caccia che attanaglia il cuore del cervo maschio o del lupo.


Le passioni legate al sogno, al desiderio, alla vanità, all'egoismo, alla furia erotica del maschio, alla gelosia, alla vendetta, si annidano nella notte dell'uomo come il puma, l'avvoltoio e lo sciacallo nel deserto della notte orientale.

E nel cuore dell'uomo esistono istanti in cui non è più notte e non è ancora mattino, quando le belve escono strisciando dal nascondigli tenebrosi dell'anima, quando il nostro cuore è agitato da una passione che si trasforma in un movimento della mano, una passione che abbiamo educato e addomesticato invano per anni, talvolta per un tempo infinito…

E non è servito a nulla, invano abbiamo cercato di negare disperatamente, di fronte a noi stessi, il vero significato di quella passione, essa si è dimostrata più forte dei nostri propositi, si è mantenuta integra e compatta. A nulla sono valsi argomentazioni e stratagemmí, la realtà è rimasta quella che era.


Sandor Marai, Le braci

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