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Disumanizzare il nemico


Heinrich Luitpold Himmler

Bisogna disumanizzare per uccidere. Il problema è che è impossibile disumanizzare, perché qualsiasi cosa tu possa fare per ridurre una persona a una cosa, questa continuerà a respirare. Per quanto si possa percuotere forte, per quanto la si possa ridurre al raccapriccio, all’informe, all’asessuato, sanguinerà, resta viva, consapevole. E ti guarda.

Durante la Seconda…


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A proposito dell'adunata degli alpini a Rimini e delle denunce fatte da donne e ragazze per le molestie subite da questi, vi invito a leggere questo post sui crimini di guerra commessi dagli Alpini. 

Il corpo degli alpini venne fondato il 15 ottobre 1872. L’alpino viene descritto come “valoroso difensore della Patria dal barbaro invasore austriaco”. Peccato che le cose erano al contrario: nel 1911-12, l’Italia partecipò alla guerra per la conquista della Libia contro la Turchia.

Nel 1915, quando l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, gli alpini della Divisione Pusteria occuparono il Sud Tirolo (l’attuale Trentino Alto-Adige).

L’Associazione Nazionale degli Alpini venne creata nel 1919 e l’associazione si associò direttamente alla dittatura fascista. Il regime creò il mito dell’alpino. 

Nel 1935-36, l’Italia aggredisce l’Etiopia dove l’esercito utilizzò armi chimiche contro la popolazione locale. La Divisione Pusteria combatté battaglie più cruente  di Tigrai, Amba Aradan, Amba Alagi e Tembien ed ai massacri di Mai Ceu e al lago Ashangi. Anche dopo la guerra, gli alpini di tale divisione commisero crimini odiosi. Il regime fascista creò a Bruneck, oggi Brunico, un monumento per glorificare gli alpini caduti in guerra, monumento ancora difeso ma ritenuto giustamente umiliante per i sudtirolesi.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la Divisione Pusteria aggredì la Francia e poi l’URSS. Il 26 gennaio 1943 si combatté la cruenta battaglia di Nikolaevka. Gli alpini appoggiavano l’occupazione nazista in Unione Sovietica. Dei 57 mila alpini ne tornarono solo 11 mila che non solo erano vittime, ma anche dei colpevoli dei crimini di guerra commessi lì. Il fascismo strumentalizzò il loro “sacrificio”, De Gasperi fece di tutto per non far processare i militari italiani, gli alpini compresi, per i loro crimini commessi. 

Ancora oggi gli alpini non si pentono dei crimini commessi in tempi di guerra e mostrano ancora una volta i loro sentimenti nazionalisti e razzisti. Nel Sud Tirolo, gli alpini si comportano come forze di occupazione. 

Matteo Salvini dice “Viva gli alpini!” alla notizia delle molestie da parte loro verso donne e ragazze al raduno a Rimini. Il Governatore dell’Emilia Romagna, del PD, li onora pure. Tali episodi si sono ripetuti nelle passate adunate degli alpini, ma i politici, di destra e di sinistra, non ne fanno un problema minimizzando o ipocritamente prendendo distanze senza prendere provvedimenti drastici. 

E allora quando ci sono state violenze e molestie di massa verso ragazze nel capodanno a Milano dove figli di immigrati sono coinvolti hanno alzato la voce, perché se lo fanno dei militari italiani in un’adunata tutto viene minimizzato con giustificazioni e prese di distanza ipocrite o addirittura arrivare ad accusare di “esagerazione” e di “vilipendio” coloro che denunciano le molestie subite? Perché la donna deve essere sempre di “proprietà” dell’uomo italico, bianco, cristiano-cattolico, etero, cisgender. Perché gli italiani sono “brava gente”.

Intanto il governo ha istituito la giornata nazionale degli alpini da celebrare ogni 26 gennaio, data che ricorre la battaglia di Nikolaevka nel 1943 quando l'Italia affiancava la Germania nazista. Ciò significa che l'Italia è ancora un paese a memoria corta e che mai farà i propri conti con la storia.

Il 9 maggio è una data molto importante perché ricorda due eventi molto particolari: il primo è la sconfitta definitiva della Germania nazista dinanzi all'Unione Sovietica e il secondo è il barbaro assassinio di Peppino Impastato da parte della mafia democristiana.

Chi crede in una società realmente progressista e democratica senza sfruttamento, disoccupazione, guerra tra bande, discriminazioni e disuguaglianze sociali, viene sempre ostacolato, messo a tacere, alla porta e via dicendo da parte di elementi dei ranghi più alti della società.

La cosa ancora più squallida e inaccettabile è chi usa questi due eventi per lavarsi le mani della propria sporca coscienza da parte di quest'ultimi elementi. Non si rendono conto dello squallore che fanno e che hanno pur di non perdere la propria faccia e di mantenere il loro potere.

Chi dice che il fascismo ormai è morto e che la mafia non esiste è solo un emerito ignorante. La mafia non è solo lupara, traffico di droga, di esseri umani e di armi; il fascismo non è solo il centrodestra, la destra e l'estrema destra. La mafia è pure nelle istituzioni, nei vertici di aziende e banche, così come il fascismo.

Sappiamo tutti che la lotta al nazifascismo e alla mafia la fanno principalmente chi crede nelle idee di costruzione di una società progressista, ugualitaria e democratica, mentre quelli dei ranghi più alti della società odierna è solo opportunismo e ipocrisia.

Personaggi come Placido Rizzotto, Turi Carnevale, Peppino Impastato, Fausto e Iaio, Valerio Verbano e Pio La Torre hanno pagato a caro prezzo le loro battaglie con la vita per mano della mafia democristiana e dei fascisti.

Gli uni e gli altri sono legati strettamente da interessi molto strategici con la collusione di politici, clero e dirigenti di aziende e banche.

La guerra in Ucraina è l'esempio più lampante dello squallido revisionismo storico che glorifica ed esalta il filonazismo ucraino e criminalizza l'eroica resistenza dei popoli. Le serie televisive e la musica neomelodica e persino il trap incentrate sulla vita da strada, sull'ostentazione della ricchezza, dell'ignoranza e sulla vita di un boss mafioso sono persino esempi molto lampanti di sdoganamento della vita e della cultura malavitosa.

Come possono parlare di lotta contro la mafia e contro il fascismo se candidano alle liste elettorali e vengono piazzati nelle istituzioni persone molto legate e colluse con le mafie e che esprimono idee fasciste e razziste? Come possono farlo quando i nostri governi attuano politiche sociali che privatizzano servizi statali essenziali e utili per tutta la collettività aumentando sempre di più le possibilità di infiltrazioni mafiose? Come posso farlo quando vengono negati ai lavoratori e alle lavoratrici i diritti sociali e civili più importanti e si ricorre alla repressione poliziesca contro le loro lotte?

Chi lotta davvero contro la mafia e contro il fascismo, lotta contro tutta questa società e contro tutto questo sistema che ci vedono come merce da scambio, che normalizzano e che sdoganano ogni cosa, che ci insegnano a farci competizione tra noi e a essere ubbidienti a loro.

Mafia e fascismo sono due montagne di merda. La nostra società è piena di questa montagna di merda.

daModena antifascista


L’autore del manifesto politico dietro la strage di Christchurch non è un folle,  è il figlio legittimo, integrato e coerente, del tempo in cui viviamo: il tempo della crisi.

Crisi – nel suo significato originario di trasformazione radicale – che non è solamente materiale, ovvero di decadenza di un intero ciclo di egemonia ed accumulazione capitalistica, ma anche politica e sociale, che sconquassa le categorie e i rapporti su cui si sono retti patti e conflitti, e che sconvolge aspetti culturali, antropologici, esistenziali – collettivi e individuali – che si erano dati lungo tutto un arco storico.  

Brenton Tarrant, come del resto qualsiasi jihadista cresciuto nelle metropoli d’Europa, parla la nostra lingua. Ha 28 anni, è cresciuto con internet e la sua cultura, dentro l’atomizzazione della forma di vita neoliberista, giusto in tempo per assistere alla decomposizione dell’ordine liberale. Depressione e disperazione, meme e cinica postironia nichilista, disintermediazione politico-culturale e catastrofe ecologica planetaria. Un senso della fine che, dentro un eterno presente senza storia e senza futuro, si compenetra con la fine del senso, sprigionando energia distruttiva. Che non trova niente a incanalarla verso fini progressivi. E per questo va a scorrere, inevitabilmente spinta dalla forza di gravità, sui solchi già tracciati nel terreno.

Come Anders Breivik e Luca Traini prima di lui, Brenton Tarrant infatti ha semplicemente cristallizzato in atto ciò che è quotidianamente diffuso a livello liquido e gassoso nelle nostre società, non solo occidentali. Ciò che respiriamo ogni giorno. Ciò che è stato sciolto nei pozzi da cui ci abbeveriamo.
Il manifesto che ha mosso i fucili mitragliatori degli stragisti sulla folla inerme in preghiera si intitola, paradigmaticamente, “The Great Replacement”: La Grande Sostituzione.
Parole, concetti diventati moneta comune in occidente, che ritornano. Ma che hanno un origine precisa. La sostituzione etnica, il genocidio – culturale e biologico – della razza bianca, la grande paranoia contemporanea dell’uomo occidentale: dal grezzo cospirazionsimo suprematista a fine teoria della Nouvelle Droite (dice niente il best seller di Renaud Camus “Le Grand Remplacement”?), dalla marginalità degli ambienti neonazisti a strumento di campagna elettorale del governo. In Italia, dalla copertina del Primato Nazionale alla tv in prima serata, fino al Ministero dell’Interno.

Brenton Tarrant, che si è filmato mentre uccideva cinquanta persone disarmate, si definisce un fascista. Lo è. Ma le sue parole sembrano appena uscite dal telegiornale della cena. Da un qualsiasi talk show televisivo in prima serata. Dall’intervista alla radio di qualche rappresentante delle istituzioni, magari “oltre la destra e la sinistra”. Dal tweet di qualche politico che si dichiara contro i poteri forti ma di buon senso, populista ma non razzista, Dalla Vostra Parte ma prima gli italiani bianchi. L’omogeneità etnica e l’organicità nazionale come valori in sé. L’immigrazione come un complotto contro gli autoctoni. L’uomo bianco sotto attacco, devirilizzato, sterilizzato, come vittima. La decadenza dell’occidente, l’invasione islamica, il razzismo differenzialista. L’etnonazionalismo mascherato da identitarismo, la guerra civile-razziale. Tutto ciò è perfettamente compatibile con la democrazia liberale.
La tragedia non è soltanto l’orrenda strage, ma la legittimità sociale, il senso comune, l’integrazione culturale e la nobiltà politica che sono state conferite agli assiomi che l’hanno portata a compimento.

Il passaggio dalla metapolitica, ovvero dalla costruzione di egemonia culturale, alla lotta armata di lupi sempre meno solitari e sempre più organizzati, sul modello di Daesh, alla guerra civile. Dentro questo ampio spettro, la strage di Christchurch porta allo scoperto, attraverso la loro coerente estremizzazione e come un presagio, le matrici di processi di lungo periodo in atto già da tempo nelle nostre società, dentro cui specifiche forze stanno operando per determinarne una possibile direzione e un tendenziale sbocco.
Dentro questo spettro si rimodula il potere sovrano, se esso è colui che decide sullo stato di eccezione.

Dentro a tutto ciò, a partire da tutto ciò, le categorie che abbiamo utilizzato fino ad ora paiono inermi, non più efficaci, limitate a comprenderne la portata. Le bussole antropologico-politiche di un intero arco di civilizzazione si stanno riorientando: vediamo il movimento, non riusciamo a coglierne appieno la direzione d’approdo.

Dentro a tutto ciò, di fronte a tutto ciò, il senso di quello che chiamiamo un antifascismo per il XXI secolo è tutto da ricercare, costruire, sviluppare, necessariamente, crediamo, travalicando i limiti dell’antifascismo stesso.

Questa la porta stretta entro cui, necessariamente, passare.

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