#razzismo

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“ La pandemia del suprematismo bianco si sta diffondendo come una gramigna anche in Europa. Non dimentichiamoci che qui trova un terreno fertile sia per il nazismo, con l’eliminazione fisica di milioni di ebrei, rom, omosessuali sia per il fascismo, con il Manifesto della razza e le leggi razziali di Mussolini.
Oggi l’“estrema destra di Dio”, come la chiama il teologo spagnolo Juan Tamayo, si sta espandendo in Europa, dalla Spagna agli Urali.
In Spagna c’è un’incredibile armonia tra le organizzazioni cattoliche spagnole ultraconservatrici HartetOir,El Yunque,InfoCatólicae altre come il partito di estrema destra Voxche sta guadagnando sempre più consensi nonché rilevanza politica. Anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha partecipato alla convention di Voxnel 2021. Voxvuole costruire veri e propri muri attorno a Ceuta e Melilla per bloccare i migranti. E anche in Portogallo l’estrema destra populista di Chegasta ottenendo sempre più consenso.
In Francia è il Rassemblement National, denominato fino al 2018 Front National, a essere la voce del­l’estrema destra. Fondato da Jean-Marie Le Pen, il Front National propone l’identità francese contro l’integrazione, nega l’Olocausto e mantiene legami con i gruppi neofascisti. Nelle ultime elezioni europee il Rassemblement National, guidato da Marine Le Pen, ha ottenuto cinque milioni di voti. Ma per le prossime elezioni (2022), in Francia si presenterà il nuovo fenomeno del­l’ultradestra Éric Zemmour, misogino, omofobo, islamofobo, razzista. Ritiene che il partito di Marine Le Pen non sia abbastanza duro e razzista. “L’ossessione di Zemmour è l’islam.” La sua teoria è quella della sostituzione “perché,” egli afferma, “è in corso una colonizzazione da parte degli stranieri”. Il 30 novembre 2021 si è candidato ufficialmente alle elezioni presidenziali francesi, e il 5 dicembre ha fondato, a sostegno della sua candidatura, il partito politico Reconquête(Riconquista), un chiaro riferimento storico alla Reconquista spagnola contro la dominazione musulmana. Ha l’appoggio di banchieri, milionari reazionari, del sistema mediatico di Bolloré, nonché di una parte del mondo cattolico.
In Austria è stato Jörg Haider nel 1993 a lanciare con il suo partito FpÖ (Partito della libertà austriaca) la campagna “Prima l’Austria”, con cui intendeva introdurre leggi più severe contro l’immigrazione. Nelle elezioni del 1999 Haider ottenne un risultato storico portando il suo partito a diventare il secondo partito del Paese, ma poi ha perso consensi per lo scandalo che ha coinvolto il leader dell’FpÖ, Heinz C. Strache. I vari governi che si sono poi succeduti in Austria hanno preservato politiche a forti spinte populiste, identitarie e antimigranti.
Nella vicina Germania sta guadagnando sempre più terreno il partito razzista Alternativa per la Germania(AfD), che ha ottenuto buoni risultati in Germania Orientale, in Sassonia, e ora sta conquistando consensi anche in Baviera. Infatti nella ricchissima e cattolica Baviera, che non riesce a trovare forza lavoro per circa trentamila posti, c’è un crescente rifiuto dei migranti siriani fatti entrare dalla Merkel. La classe media ha paura di perdere il suo benessere e vuole preservarlo costruendo muri. Sarebbero più di dodicimila gli appartenenti ai gruppi neonazisti in Germania. E un rapporto riservato del­l’Europol afferma che questi gruppi mostrano crescente interesse alle armi. “

Alex Zanotelli,Lettera alla tribù bianca, Feltrinelli (collana Serie Bianca); prima edizione marzo 2022. [Libro elettronico]

“ Perché ce l’ho tanto con Putin? Perché il tempo passa. Quest’estate saranno sei anni che la seconda guerra cecena è iniziata affinché Putin potesse diventare presidente. E non se ne vede la fine. All’epoca i bimbi shahid [martiri dell’Islam] non erano ancora nati, ma dal 1999 a oggi tutte le stragi di bambini – tra le bombe e le pulizie etniche – sono rimaste impunite: i carnefici non sono mai finiti sul banco degli imputati. Putin non l’ha mai preteso, sebbene abbia fama di «amico di tutti i bimbi». In Cecenia i militari continuano a comportarsi com’è stato loro permesso da che la guerra è iniziata: pensano di essere in un poligono di tiro senza nessuno intorno, bambini compresi.
Questa strage di innocenti non ha scosso il Paese. Nessuna televisione ha mostrato le immagini dei cinque piccoli ceceni uccisi. Il ministro della Difesa non si è dimesso seduta stante (perché è un amico di Putin e perché è uno dei papabili alle presidenziali del 2008). Non ha lasciato il suo posto nemmeno il comandante dell’Aeronautica militare. È rimasto tutto com’era. Il comandante in capo non ha indirizzato una sola parola di conforto o di condoglianze a quel padre rimasto solo. Il mondo continua a ribollire attorno a noi. In Iraq sono stati ammazzati degli ostaggi. Popoli e nazioni hanno chiesto a chi li governa e alle organizzazioni internazionali di ritirare le truppe per salvare la vita di quanti stanno facendo il loro dovere. Da noi niente. La morte di quei bambini assurti a martiri non solo non ci ha spinti a chiedere di ritirare le truppe, ma nemmeno a iniziare un dibattito su quanto sta accadendo in Cecenia con l’intento di aprire una strada al dialogo, alla pacificazione, alla smilitarizzazione e a tutto ciò che consegue alla fine di un conflitto.
Perché ce l’ho tanto con Putin? Per tutto questo. Per una faciloneria che è peggio del ladrocinio. Per il cinismo. Per il razzismo. Per una guerra che non ha fine. Per le bugie. Per i gas nel teatro Dubrovka. Per i cadaveri dei morti innocenti che costellano il suo primo mandato. Cadaveri che potevano non esserci. Io la penso così. Altri avranno punti di vista differenti. Nonostante la strage, la gente continua a sperare che il mandato presidenziale si prolunghi fino a dieci anni. Di solito è il Cremlino, nella persona di Vladislav Surkov, a creare l’ennesimo movimento giovanile pro-Putin. Surkov, vicecapo dell’ufficio del presidente, non è solo un gran tessitore di alleanze, ma anche il miglior PR del Paese – dove «pubbliche relazioni» diventa sinonimo di menzogna, inganno e parole invece che fatti. I movimenti politici nati da un decreto del Cremlino sono in gran voga a casa nostra, affinché l’Occidente non sospetti che il nostro sia un sistema monopartitico, autoritario e non-pluralistico. E così spuntano gruppi che prendono nomi del tipo Marciamo insieme,Cantiamo insieme,Per la stabilità e altre varianti della Gioventù comunista di un tempo. Il tratto distintivo di questi movimenti parapolitici pro-Putin è che il ministero della Giustizia – solitamente incline a creare difficoltà a chi tenta qualche passo in politica – li registra in quattro e quattr’otto, senza lungaggini burocratiche. E come primo atto pubblico il neonato movimento annuncia che si adopererà a favore dell’estensione del mandato per l’amato presidente. “

Anna Politkovskaja,La Russia di Putin, traduzione di Claudia Zonghetti, Adelphi (collana Gli Adelphi, n°639), 2022⁴; pp. 353-354.

[1ª Edizione originale: Putin’s Russia, The Harvill Press, London (UK), 2004]

“ Pareva proprio un maestro di scuola che non fosse soddisfatto dei suoi scolari. Disse che era rimasto deluso, che gli dispiaceva di averne dovuti bocciar tanti, che sarebbe stato più contento se avesse potuto promuoverli tutti. In ogni modo, disse, quelli che non sono riusciti a superar l’esame non dovevano avvilirsi: sarebbero stati trattati bene, non avrebbero avuto da lagnarsi, purché lavorassero, e mostrassero maggior impegno nel lavoro di quel che non avessero mostrato sui banchi di scuola. Mentre parlava, il gruppo dei promossi guardava i compagni sfortunati con aria di compatimento, e i più giovani si davano l’un l’altro gomitate nei fianchi, ridacchiando fra loro. Poi, quando il Sonderführerebbe finito di parlare, il colonnello sì volse al Feldwebele disse: «Alles in Ordnung. Weg! » e si avviò verso gli uffici del Comando, senza voltarsi indietro, seguito dagli ufficiali che si volgevano indietro ogni tanto, parlando fra loro a voce bassa.
«Voi resterete qui fino a domani, e domani partirete per il campo di lavoro» disse il Feldwebelal gruppo di sinistra. Poi si volse al gruppo di destra, quello dei promossi, e con voce dura ordinò che si mettessero in riga. Non appena i prigionieri si furon disposti l’uno accanto all’altro, a contatto di gomito (avevano la faccia contenta, ridevano guardando i compagni con l’aria di burlarsi di loro), li ricontò rapidamente, disse «trentuno», e fece con la mano un cenno alla squadra di SS che aspettava in fondo al cortile. Poi ordinò: «dietro front, avanti marsch!». I prigionieri fecero dietro front, si mossero battendo forte i piedi nel fango, e quando si trovarono con la faccia contro il muro di cinta del cortile, «halt!» ordinò il Feldwebel, e voltosi alle SS che s’erano poste dietro ai prigionieri e già avevano alzato i fucili mitragliatori, si schiarì la gola, sputò per terra, e gridò: «Feuer!».
Al crepitio della scarica il colonnello, che era ormai giunto a pochi passi dalla porta del Comando, si fermò, si volse di scatto, anche gli ufficiali si fermarono, e si voltarono indietro. Il colonnello si passò la mano sul viso, come per asciugarsi il sudore, e seguito dai suoi ufficiali entrò nel Comando.
«Ach so!» disse il Sonderführerdi Melitopol passandomi vicino. «Bisogna ripulir la Russia di tutta questa marmaglia letterata. I contadini e gli operai che sanno leggere e scrivere troppo bene, sono pericolosi. Tutti comunisti».
«Natürlich» risposi. «Ma in Germania tutti, operai e contadini, sanno leggere e scrivere benissimo».
«Il popolo tedesco è un popolo di alta Kultur».
«Naturalmente,» risposi «un popolo di alta Kultur».
«Nicht wahr?» disse ridendo il Sonderführer, e s’avviò verso gli uffici del Comando.
E io rimasi solo in mezzo al cortile, davanti ai prigionieri che non sapevano leggere bene, e tremavo tutto. “

Curzio Malaparte,Kaputt, Introduzione di Mario Isnenghi, Mondadori ( Collana Oscarn° 1102 ), 1978; pp. 226-227.

[ 1ª ed. originale nel 1944 presso l’editore Casella di Napoli ]

Scopro con estremo sgomento e razzismo che i cinesi milanesi non possono fare a meno di piazzarsi da

Scopro con estremo sgomento e razzismo che i cinesi milanesi non possono fare a meno di piazzarsi davanti al cellulare ogni volta che vuoi scattare una foto. Questa è una delle due foto cinesiless e fa pure schifo, la pubblico solo perché sono nervoso. #photobombers #cinesi #razzismo
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#ig_milano #igworldclub_street #igerslombardia #TopMilanPhoto #ig_milan #ig_street #vivomilano #turismomilano #ig_lombardia #igersmilano #ig_italy #rsa_streetview #tv_pointofview #italiainunoscatto #tv_living #ig_italia #rsa_vsco #italy_vacations #transfer_visions #loves_milano #yallerslombardia #browsingitaly #milanocity #AutumninLombardia #mytinyatlas #mobileartistry #shootermag (presso Milan, Italy)


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Giusto per esser chiari: è stato razzismo

Willy Monteiro Duarte

Alla fine è stato un episodio di razzismo, per il semplice fatto che era nero. Poi uno può pensare quello che vuole, che bisogna prima informarsi, che bisogna prima vedere bene cosa è successo, che si sono le aggravanti e le attenuanti. Ciò non toglie che sia stato un episodio di razzismo.

Come una buona ipotesi scientifica, bisognerebbe suffragare l’ipotesi più…

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I “professionisti dell'informazione”

A proposito dell'adunata degli alpini a Rimini e delle denunce fatte da donne e ragazze per le molestie subite da questi, vi invito a leggere questo post sui crimini di guerra commessi dagli Alpini. 

Il corpo degli alpini venne fondato il 15 ottobre 1872. L’alpino viene descritto come “valoroso difensore della Patria dal barbaro invasore austriaco”. Peccato che le cose erano al contrario: nel 1911-12, l’Italia partecipò alla guerra per la conquista della Libia contro la Turchia.

Nel 1915, quando l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, gli alpini della Divisione Pusteria occuparono il Sud Tirolo (l’attuale Trentino Alto-Adige).

L’Associazione Nazionale degli Alpini venne creata nel 1919 e l’associazione si associò direttamente alla dittatura fascista. Il regime creò il mito dell’alpino. 

Nel 1935-36, l’Italia aggredisce l’Etiopia dove l’esercito utilizzò armi chimiche contro la popolazione locale. La Divisione Pusteria combatté battaglie più cruente  di Tigrai, Amba Aradan, Amba Alagi e Tembien ed ai massacri di Mai Ceu e al lago Ashangi. Anche dopo la guerra, gli alpini di tale divisione commisero crimini odiosi. Il regime fascista creò a Bruneck, oggi Brunico, un monumento per glorificare gli alpini caduti in guerra, monumento ancora difeso ma ritenuto giustamente umiliante per i sudtirolesi.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la Divisione Pusteria aggredì la Francia e poi l’URSS. Il 26 gennaio 1943 si combatté la cruenta battaglia di Nikolaevka. Gli alpini appoggiavano l’occupazione nazista in Unione Sovietica. Dei 57 mila alpini ne tornarono solo 11 mila che non solo erano vittime, ma anche dei colpevoli dei crimini di guerra commessi lì. Il fascismo strumentalizzò il loro “sacrificio”, De Gasperi fece di tutto per non far processare i militari italiani, gli alpini compresi, per i loro crimini commessi. 

Ancora oggi gli alpini non si pentono dei crimini commessi in tempi di guerra e mostrano ancora una volta i loro sentimenti nazionalisti e razzisti. Nel Sud Tirolo, gli alpini si comportano come forze di occupazione. 

Matteo Salvini dice “Viva gli alpini!” alla notizia delle molestie da parte loro verso donne e ragazze al raduno a Rimini. Il Governatore dell’Emilia Romagna, del PD, li onora pure. Tali episodi si sono ripetuti nelle passate adunate degli alpini, ma i politici, di destra e di sinistra, non ne fanno un problema minimizzando o ipocritamente prendendo distanze senza prendere provvedimenti drastici. 

E allora quando ci sono state violenze e molestie di massa verso ragazze nel capodanno a Milano dove figli di immigrati sono coinvolti hanno alzato la voce, perché se lo fanno dei militari italiani in un’adunata tutto viene minimizzato con giustificazioni e prese di distanza ipocrite o addirittura arrivare ad accusare di “esagerazione” e di “vilipendio” coloro che denunciano le molestie subite? Perché la donna deve essere sempre di “proprietà” dell’uomo italico, bianco, cristiano-cattolico, etero, cisgender. Perché gli italiani sono “brava gente”.

Intanto il governo ha istituito la giornata nazionale degli alpini da celebrare ogni 26 gennaio, data che ricorre la battaglia di Nikolaevka nel 1943 quando l'Italia affiancava la Germania nazista. Ciò significa che l'Italia è ancora un paese a memoria corta e che mai farà i propri conti con la storia.

#danonperdere: Se siete a Bologna o nei dintorni, non perdetevi l'evento di questa stasera: ‘S

#danonperdere: Se siete a Bologna o nei dintorni, non perdetevi l'evento di questa stasera: ‘SPRIGIONANDO PENSIERI – UN DIBATTITO SU CULTURA, IDENTITÀ E ANTIRAZZISMO’

All'incontro saranno presenti: lo scrittore camerunense Gaius Tsaamo, a presentare il suo romanzo “Maya - Il mondo degli spiriti”; e il poeta e attivista Okwuchi Uzosike, in dialogo con con la ricercatrice Camilla Hawthorne e la scrittrice Pina Piccolo, a presentare l’appello per la dedica di una sala di Medicina a Emmanuel Chidi Nmandi.

L'evento sarà accompagnato dai dipinti di Eloisa Guidarelli, e le musiche di Odio Razziale Klan (Chukwuemeka Obiarinze e Federico Saglio).

Be there fam!


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L'uomo nella foto è Luca Lucci, capo ultrà del milan: nel 2009 fu condannato a quattro anni di carce

L'uomo nella foto è Luca Lucci, capo ultrà del milan: nel 2009 fu condannato a quattro anni di carcere per aver fatto perdere un occhio a un tifoso interista durante una rissa. Tre mesi fa ha patteggiato un anno e mezzo di carcere per spaccio di droga

#hipdem #meme #politicaitaliana #politica #memeita #memesitaliani #memeitalia #salvini #ilpost #razzismo #lega #memepolitico
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Il Fatto Quotidiano 12 Agosto 2014

Il Fatto Quotidiano 12 Agosto 2014


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Dibattito Qualcun altro ha qualcosa da dire? #statue #cristoforocolombo #viacolvento #moretti #razzi

Dibattito

Qualcun altro ha qualcosa da dire? #statue #cristoforocolombo #viacolvento #moretti #razzismo #censura #fumettiitaliani #vignetta #fumetto #umorismo #satira #humor #natangelo


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daModena antifascista


L’autore del manifesto politico dietro la strage di Christchurch non è un folle,  è il figlio legittimo, integrato e coerente, del tempo in cui viviamo: il tempo della crisi.

Crisi – nel suo significato originario di trasformazione radicale – che non è solamente materiale, ovvero di decadenza di un intero ciclo di egemonia ed accumulazione capitalistica, ma anche politica e sociale, che sconquassa le categorie e i rapporti su cui si sono retti patti e conflitti, e che sconvolge aspetti culturali, antropologici, esistenziali – collettivi e individuali – che si erano dati lungo tutto un arco storico.  

Brenton Tarrant, come del resto qualsiasi jihadista cresciuto nelle metropoli d’Europa, parla la nostra lingua. Ha 28 anni, è cresciuto con internet e la sua cultura, dentro l’atomizzazione della forma di vita neoliberista, giusto in tempo per assistere alla decomposizione dell’ordine liberale. Depressione e disperazione, meme e cinica postironia nichilista, disintermediazione politico-culturale e catastrofe ecologica planetaria. Un senso della fine che, dentro un eterno presente senza storia e senza futuro, si compenetra con la fine del senso, sprigionando energia distruttiva. Che non trova niente a incanalarla verso fini progressivi. E per questo va a scorrere, inevitabilmente spinta dalla forza di gravità, sui solchi già tracciati nel terreno.

Come Anders Breivik e Luca Traini prima di lui, Brenton Tarrant infatti ha semplicemente cristallizzato in atto ciò che è quotidianamente diffuso a livello liquido e gassoso nelle nostre società, non solo occidentali. Ciò che respiriamo ogni giorno. Ciò che è stato sciolto nei pozzi da cui ci abbeveriamo.
Il manifesto che ha mosso i fucili mitragliatori degli stragisti sulla folla inerme in preghiera si intitola, paradigmaticamente, “The Great Replacement”: La Grande Sostituzione.
Parole, concetti diventati moneta comune in occidente, che ritornano. Ma che hanno un origine precisa. La sostituzione etnica, il genocidio – culturale e biologico – della razza bianca, la grande paranoia contemporanea dell’uomo occidentale: dal grezzo cospirazionsimo suprematista a fine teoria della Nouvelle Droite (dice niente il best seller di Renaud Camus “Le Grand Remplacement”?), dalla marginalità degli ambienti neonazisti a strumento di campagna elettorale del governo. In Italia, dalla copertina del Primato Nazionale alla tv in prima serata, fino al Ministero dell’Interno.

Brenton Tarrant, che si è filmato mentre uccideva cinquanta persone disarmate, si definisce un fascista. Lo è. Ma le sue parole sembrano appena uscite dal telegiornale della cena. Da un qualsiasi talk show televisivo in prima serata. Dall’intervista alla radio di qualche rappresentante delle istituzioni, magari “oltre la destra e la sinistra”. Dal tweet di qualche politico che si dichiara contro i poteri forti ma di buon senso, populista ma non razzista, Dalla Vostra Parte ma prima gli italiani bianchi. L’omogeneità etnica e l’organicità nazionale come valori in sé. L’immigrazione come un complotto contro gli autoctoni. L’uomo bianco sotto attacco, devirilizzato, sterilizzato, come vittima. La decadenza dell’occidente, l’invasione islamica, il razzismo differenzialista. L’etnonazionalismo mascherato da identitarismo, la guerra civile-razziale. Tutto ciò è perfettamente compatibile con la democrazia liberale.
La tragedia non è soltanto l’orrenda strage, ma la legittimità sociale, il senso comune, l’integrazione culturale e la nobiltà politica che sono state conferite agli assiomi che l’hanno portata a compimento.

Il passaggio dalla metapolitica, ovvero dalla costruzione di egemonia culturale, alla lotta armata di lupi sempre meno solitari e sempre più organizzati, sul modello di Daesh, alla guerra civile. Dentro questo ampio spettro, la strage di Christchurch porta allo scoperto, attraverso la loro coerente estremizzazione e come un presagio, le matrici di processi di lungo periodo in atto già da tempo nelle nostre società, dentro cui specifiche forze stanno operando per determinarne una possibile direzione e un tendenziale sbocco.
Dentro questo spettro si rimodula il potere sovrano, se esso è colui che decide sullo stato di eccezione.

Dentro a tutto ciò, a partire da tutto ciò, le categorie che abbiamo utilizzato fino ad ora paiono inermi, non più efficaci, limitate a comprenderne la portata. Le bussole antropologico-politiche di un intero arco di civilizzazione si stanno riorientando: vediamo il movimento, non riusciamo a coglierne appieno la direzione d’approdo.

Dentro a tutto ciò, di fronte a tutto ciò, il senso di quello che chiamiamo un antifascismo per il XXI secolo è tutto da ricercare, costruire, sviluppare, necessariamente, crediamo, travalicando i limiti dell’antifascismo stesso.

Questa la porta stretta entro cui, necessariamente, passare.

ESSE ESSE LAZIO

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