#romanzo

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“ L'assenza del padre nella casa è una terribile presenza. Ma io non saprei dare torto, nel giorno del giudizio, a Don Sebastiano, o almeno non gli darei torto del tutto. Tutte quelle cose che si scrivono sui padri e sui figli, tutti quei drammi, sono per me letteratura, e la famosa pedagogia è paternità a freddo; e niente altro. Ciascuno è padre di se stesso e figlio di se stesso, questa è la mia idea. Don Sebastiano aveva sette figli, che sono molto più di un intero popolo per un re: e il suo sogno di laurearli tutti, che l'intelligenza dei figli incredibilmente sembrava favorire, cominciava a realizzarsi con la terribile diaspora dei più grandicelli. Come mi pare di aver detto, per andare avanti negli studi, bisognava correre l'avventura della lontana città, di Sassari o addirittura di Cagliari. Questo voleva dire per Don Sebastiano, mandare ogni mese cento lire per ogni figlio, e per il notaio di Nuoro era una cosa che metteva a dura prova le sue forze. Gli sembrava che fosse venuta fuori una nuova misura della sua ricchezza. Che un ragazzo quindicenne venisse catapultato dalla casa e dal borgo in una città lontana, in una vera città, dove non esistevano amici né conoscenti, se non qualche notaio importante che non era certo il caso di disturbare, e là, arrivato dopo una giornata di viaggio, dovesse arrangiarsi a trovare una pensioncina presso qualche vecchia zitella, privandosi di tutto; che in questo impatto col mondo potesse soffrire, non era cosa che lo preoccupasse e neppure gli passava per la mente. In fondo non era che una posta nella grande partita della sua esistenza, che giocava senza nemmeno avvedersene. La pena era di Donna Vincenza, che vedeva i figli staccarsi dal suo seno, che si alzava prima dell'alba per preparare il viatico (le cose che ciascuno amava o ella credeva che amasse), che sapeva che quello non era un principio ma una fine. A Natale e a Pasqua (il lungo viaggio e la spesa non consentivano ritorni durante l'anno) avrebbe spedito loro quei buoni dolci di mandorla e zucchero, i culurjonesdi marzapane avvolti in un'ostia e fritti, che essa stessa lavorava con l'aiuto di Peppedda, e di qualche tributaria della casa che si prestava per devota e dolente amicizia: ma sentiva che quando sarebbero tornati, per le grandi vacanze, non sarebbero più stati i suoi figli.
Donna Vincenza guardava con amore i libri che i figli raccoglievano con amore, e che essa non avrebbe mai letto. Sebastiano che ancora le saltava in grembo, voleva talvolta leggerle qualche pagina, ma essa gli chiedeva prima se erano ‘cose vere’: e l'ingenua domanda aveva una sua profondità, perché era l'inconsapevole rifiuto della fantasia. Vi era in questo un punto di contatto con Don Sebastiano, perché anch'egli non viveva che della verità, e il suo mestiere era proprio quello di registrare la verità. E invece la fantasia entrava nella casa austera coi libri, e operava silenziosamente, toccando con la sua bacchetta magica uomini e cose. “

Salvatore Satta,Il giorno del giudizio, Adelphi, 1979²; pp. 64-66.

“La bontà così semplice mi commuove più che non la genialità più alta.”

Senilità, Italo Svevo

Egli non aveva bisogno di Rosina; aveva la sua arte, la sua dea: quella doveva bastargli.

Svevo

“Certi errori… hanno semplicemente conseguenze maggiori rispetto ad altri. Ma non devi permettere che quella notte sia la cifra che ti definisce.”

_ Io prima di te, Jojo Moyes.

Un brevissimo estratto di “Cittadina di seconda classe”, romanzo del 1974 scritto da Buc

Un brevissimo estratto di “Cittadina di seconda classe”, romanzo del 1974 scritto da Buchi Emecheta – scrittrice nigeriana, pioniera della tradizione letteraria femminile africana, venuta a mancare nella giornata di mercoledì.

«Buchi told the story of African women in a way that I had never seen before.» (Nnedi Okorafor)


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#Consiglio di #lettura: “LE COSE CROLLANO” (1958) di CHINUA ACHEBEQuale miglior modo per

#Consiglio di #lettura:LE COSE CROLLANO” (1958) di CHINUA ACHEBE

Quale miglior modo per celebrare l'86esimo anniversario della nascita di Chinua Achebe se non con la nuova traduzione italiana di “Le Cose Crollano” (Things Fall Apart)?

Dopo quasi 15 anni, ritorna nelle librerie italiane la pietra angolare della letteratura africana. Un'opera che inserì Achebe tra i più grandi della letteratura mondiale.

«In compagnia dei libri di Chinua Achebe crollavano le mura della prigione.» (Nelson Mandela)

h/t:Internazionale(spoiler alert!)


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 Qui tutto gli fa male, persino l'aspirina gli fa male. Davvero, ieri sera gli ho fatto prendere un'

Qui tutto gli fa male, persino l'aspirina gli fa male. Davvero, ieri sera gli ho fatto prendere un'aspirina perché aveva mal di denti. L'ha afferrata e ha cominciato a guardarla, cosa gli è costato per decidersi ad inghiottirla. Mi ha detto cose stranissime, che era pericolosissimo servirsi di cose che in realtà non si sa che sono, cose che sono state inventate da altri per calmare altre cose che neppure si sa che sono…
Lei sa com'è quando comincia ad almanaccare.
(…) - Una vittima della cosità, è evidente.
- Che cos'è la cosità? - disse la Maga.
- La cosità è lo spiacevole sentimento che laddove termina la nostra presunzione comincia il nostro castigo. Mi spiace di dover usare un linguaggio astratto e quasi allegorico, ma voglio dire che Oliveira è patologicamente sensibile all'imposizione di ciò che lo attornia, del mondo in cui vive, di ciò che gli è toccato in sorte, per dirla gentilmente. In una parola, gli fa schifo la circostanza. Per farla breve, il mondo gli fa male.


Julio Cortazar,Rayuela, il gioco del mondo


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⚠️ Premessa: Vista la drammatica situazione mondiale, tra pandemie ed estremismi crescenti, mi è sembrata una buona idea peggiorare ulteriormente le cose iniziando a pubblicare i miei racconti.

Oggetto: Compatibilmente con gli altri miei piani di distruzione del Pianeta Terra, ho intenzione di pubblicare diversi miei scritti. Si tratta per lo più di racconti brevi che ho scritto negli ultimi 15 anni circa, compresi alcuni nuovi racconti che sto completando proprio in questi giorni. Contenti eh?!

In questo video che pubblico oggi, vi leggo con la mia vocina da mezzo soprano milanese il racconto intitolato “Minivan”.

“Minivan” è un racconto breve sulle disillusioni che l'età adulta può inocularci (leggi bene!), non sempre in maniera indolore.
Oltre che come autore del racconto, mi presento qui come lettore per la registrazione del podcast.

Questo è il primo di tre brevi capitoli (1/3). A breve pubblicherò anche gli altri due capitoli…se nessuno mi ferma prima.

Se sei uno di quelli che preferiscono leggere, sappi che trovi l'e-book del racconto completo sfogliabile on-line su Issuu: https://issuu.com/calogerorotolo/docs/minivan-un_racconto_breve_di_calogero_rotolo

Se invece sei uno di quelli che preferiscono ascoltare, allora trovi il podcast su Spotify: https://open.spotify.com/show/34YTopvOwZQ1wI4gTLrMnE?si=DrmoHwCYQ82ZNZc20StTIw

☢️ Nota n.1: Sono desideroso di critiche dettagliate.

Nota n.2: Sì, ok, inizierò a studiare dizione. Ho capito!

Spero di non aver dimenticato niente…se non
Buona lettura / Buon ascolto / Buona visione

#scrittura    #racconti brevi    #esordiente    #scrittore    #narrativa    #letture consigliate    #book lover    #surreale    #distopico    #sicilia    #romanzo    #io scrivo    #libriconsigliati    
La bellezza dei libri è anche poter pensare dei finali alternativi. Chissà cosa sarebbe successo se

La bellezza dei libri è anche poter pensare dei finali alternativi. Chissà cosa sarebbe successo se Linda fosse arrivata prima in Sardegna… Avrebbe salvato il piccolo Niccolò Solinas? Daniele l'avrebbe condotta da lui in tempo?
Così si è divertito a pensare il mio carissimo amico Rosario Russo, che posata per qualche ora la sua penna di scrittore di gialli, si è cimentato con illustrazione e grafica. GRAZIE! È stata una bellissima sorpresa! .
❇️
#pianiinclinati #linfadefalco #nina #limbara #danielefois #guardiaforestale #boschi #gallura #sardegna #sardinia #novel #thriller #piemme #indagine #giallosardo #librisardi #rosariorusso #labrador #romanzo #romanzothriller #grafica #illustrator #photoshop (at Monte Limbara)
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Il Faro dell'isola Bocca e sullo sfondo il Mater Olbia.Dove Daniele Fois aspetta di ritornare a vi

Il Faro dell'isola Bocca e sullo sfondo il Mater Olbia.
Dove Daniele Fois aspetta di ritornare a vivere.

#PianiInclinati #lindadeFalco #olbia #bythesea #sailing #isolabocca #nordsardegna #portodiolbia #grimaldilines #faro #guidinglight #sealight #seascape #hospital #materolbia #newnovel #reading #thriller #noir #spy #intelligence #romanzo #sardegna #sardegnaofficial #sardegnadaleggere #leggerelasardegna #sardegnaontheroad #discoversardegna #sardiniaexp (presso Faro Di Isola Bocca)
https://www.instagram.com/p/Ca93yzVq2lU/?utm_medium=tumblr


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(Combat Team, 1956)
Di Murray Leinster

 La luna più vicina passò in alto. Butterata e di forma irregolare, probabilmente era soltanto un asteroide catturato. Huyghens l’aveva già vista abbastanza e quindi non uscì dal suo alloggio per guardarla precipitarsi attraverso il cielo nascondendo al suo passaggio le stelle. Restò invece a sudare sulle scartoffie, lavoro che avrebbe dovuto essere abbastanza strano perché, ufficialmente, lui era un criminale come anche tutti i suoi aiutanti su Loren Due. Ed era strano svolgere una relazione in una stanza chiusa ermeticamente, in compagnia di un’enorme aquila che sonnecchiava su un piolo infisso nel muro.

      Le scartoffie non rappresentavano il vero lavoro di Huyghens. Ma il suo unico assistente aveva avuto dei guai con un “nottambulo” e un’astronave clandestina della Kodius Company l’aveva portato via. Huyghens doveva fare, tutto solo, il lavoro di due persone. Per quanto ne sapeva, lui era l’unico essere umano in quel sistema solare.

      Sotto di sé sentì ansimare. Sitka Pete si alzò pesantemente e si avvicinò a passi felpati alla sua ciotola d’acqua. Lappò l’acqua refrigerata e starnutì violentemente. Sourdough Charley si svegliò e si lamentò emettendo un rombante grugnito. Da sotto provennero altri grugniti e brontolii. Huyghens disse con voce rassicurante: — Buoni, laggiù! — e proseguì il suo lavoro. Finì un rapporto sul clima, inserì dei dati in un calcolatore e mentre questo li rimuginava esaminò i risultati dell’inventario per controllare quanto materiale gli rimanesse. Poi cominciò a scrivere sull’agenda.

      Sitka Pete, scrisse, ha apparentemente risolto il problema dell’uccisione di singoli sfex. Ha imparato che è inutile abbrancarli e che i suoi artigli non riescono a lacerare la loro pelle e comunque non quella del dorso. Oggi Semper ci ha segnalato che un gruppo di sfex ha scoperto la traccia di odori che conducono alla stazione. Sitka li ha attesi, nascosto sottovento, e poi li ha attaccati alle spalle: tenendo le zampe ai due lati della testa di uno sfex gli ha assestato una tremenda sberla. È stato come se fossero arrivate, nello stesso tempo e da direzioni opposte, due conchiglie di trenta centimetri. Deve aver spiaccicato il cervello dello sfex come un uovo. È morto subito. Ne ha uccisi altri due con le stesse sventole. Sourdough Charley guardava, grugniva, e quando gli sfex si sono voltati verso Sitka, ha caricato a sua volta. Io, naturalmente, non potevo sparare così vicino a lui con il pericolo di colpirlo ma Faro Nell si è lanciata in loro aiuto fuori dall’alloggio degli orsi.

      La diversione ha permesso a Sitka Pete di sfruttare ancora la sua nuova tecnica, torreggiando sulle zampe posteriori e agitando le zampe anteriori in questo nuovo modo spaventoso. Il combattimento è finito subito. Semper svolazzava gracchiando sulle carcasse, ma come al solito non ha partecipato. Nota: Nugget, il cucciolo, ha cercato di immischiarsi ma sua madre lo ha spinto da parte e Sitka e Sourdough come al solito lo hanno ignorato. I geni di Kodius Champion sono veramente validi!

      All’esterno i rumori della notte continuavano. C’erano note simili a suoni d’organo: le lucertole cantanti. C’erano le grida singhiozzanti e ridacchianti dei “nottambuli” che non facevano affatto ridere. C’erano suoni simili a colpi di martello e a sbattere di porte, e da ogni direzione si sentivano rumori singhiozzanti su vari toni. Erano provocati dalle inverosimili piccole creature che su Loren Due facevano le veci degli insetti.

      Huyghens continuò a scrivere:

      Sitka sembrava irritato alla fine della lotta. Con estrema cura sottoponeva ogni sfex ferito o morto al suo nuovo gioco, meno quelli che aveva ucciso in quel modo: rialzava loro la testa per vibrare ancora i suoi colpi a tenaglia come per mostrare a Sourdough il sistema. Hanno grugnito in continuazione mentre trasportavano le carcasse verso il forno crematorio. Sembrava quasi.

      Squillò la campana degli arrivi, e Huyghens alzò la testa di scatto e la guardò. Semper, l’aquila, aprì i gelidi occhi e sbatté le palpebre.

      Rumori. Da sotto giungeva un lungo e profondo russare soddisfatto. Qualcosa, fuori nella giungla, gridò. Singhiozzi. Strepiti e note d’organo…

      La campana squillò di nuovo. Indicava che, su in alto, qualche astronave da qualche parte aveva intercettato il radiofaro, cosa che solo le astronavi della Kodius Company dovevano conoscere, e stava comunicando per l’atterraggio. Ma in quel momento non avrebbe dovuto esserci alcuna astronave in quel sistema solare! Quello era l’unico pianeta abitabile di quel sole ed era stato ufficialmente dichiarato inabitabile a causa della fauna ostile, cioè degli sfex. Quindi non era permessa alcuna colonia e la Kodius Company era andata contro la legge. Ed erano pochi i crimini più gravi dell’occupazione non autorizzata di un nuovo pianeta.

      La campana squillò per la terza volta. Huyghens bestemmiò. Tese la mano e spense la radio guida, ma era inutile. Il radar lo aveva probabilmente già localizzato e ricollegato agli elementi dell’ambiente circostante, come il vicino mare e il Deserto Alto. Comunque l’astronave avrebbe trovato il posto e sarebbe atterrata alla luce del giorno.

      — Al diavolo! — disse Huyghens. Ma continuò ad aspettare che la campana suonasse di nuovo. Un’astronave della Kodius Company avrebbe dato un doppio segnale per rassicurarlo. Tuttavia non avrebbe dovuto esserci alcuna astronave della Kodius Company ancora per mesi e mesi.

      La campana suonò una volta sola. Il quadrante della ricetrasmittente brillò debolmente e ne uscì una voce, metallica per la distorsione stratosferica.

      Chiamo terra! Chiamo terra! L’astronave Odysseus della Crete Line chiama terra Loren Due. Atterraggio di un passeggero con scialuppa. Accendete le luci del vostro campo.

      Huyghens spalancò la bocca. Un’astronave della Kodius Company sarebbe stata la benvenuta. Un’astronave del Controllo Colonie non lo sarebbe stata affatto perché avrebbe distrutto la colonia e Sitka e Sourdough e Faro Nell e Nugget… e Semper… e avrebbe portato via Huyghens per processarlo sotto l’imputazione di colonizzazione non autorizzata con tutto quello che comportava.

      Ma un’astronave commerciale, che calava un passeggero con una scialuppa… Non esisteva semplicemente la possibilità che accadesse una cosa del genere: non su una colonia sconosciuta e illegale; non a una stazione clandestina!

      Huyghens accese le luci del campo d’atterraggio. Ne vide il bagliore fuori sulla pista. Poi si alzò e si preparò a prendere le misure previste nel caso che fosse stato scoperto. Riunì le carte appena compilate nella cassaforte di eliminazione. Raccolse tutti i documenti personali e li gettò dentro. Ogni registrazione, ogni minima prova che la Kodius Company manteneva quella stazione andò a finire nella cassaforte. Sbatté il portello. Sfiorò con il dito il dispositivo di eliminazione che avrebbe distrutto tutto il contenuto e avrebbe disperso anche le ceneri, che avrebbero potuto esser presentate come prove in sede di processo.

      Poi esitò. Se si trattava di un’astronave del Controllo, doveva premere il bottone e doveva rassegnarsi a trascorrere un lungo periodo in prigione. Ma un’astronave della Crete Line, se la ricevente aveva detto la verità non era pericolosa. Era semplicemente incredibile.

      Scosse la testa. Si infilò la tuta da viaggio e prese un’arma. Scese nell’alloggio degli orsi e accese le luci. Al suo passaggio, ci furono dei grugniti di meraviglia e Sitka Pete indietreggiò in uno strano modo fino a cadere seduto sbattendo le palpebre. Sourdough Charley era sdraiato sulla schiena con le zampe in aria: aveva scoperto che era più fresco dormire in quella posizione. Rotolò su se stesso con un tonfo e sbuffò in un modo che sembrava cordiale. Faro Nell si avvicinò alla porta del suo appartamento privato, assegnatole per far sì che Nugget non restasse tra i piedi dei grossi maschi, irritandoli.

      Huyghens, unico rappresentante umano su Loren Due, guardò la manodopera, l’esercito e, Nugget compreso, i quattro quinti della popolazione terrestre non umana del pianeta. Erano orsi Kodiak mutanti discendenti da Kodius Champion, dal quale la Kodius Company aveva preso il nome. Sitka Pete era un carnivoro intelligente che pesava dieci buoni quintali. Sourdough Charley pesava circa 450 chili. Faro Nell aveva otto quintali di fascino femminile… e di ferocia. Nugget spinse il muso oltre la pelliccia della schiena di sua madre e guardò che cosa c’era: e in lui c’erano tre quintali di infanzia ursina. Gli animali guardarono Huyghens in attesa. Se avesse avuto Semper appollaiata sulla spalla, avrebbero saputo ciò che si aspettava da loro.

      — Andiamo — disse Huyghens. — Fuori è buio, ma sta arrivando qualcuno, e possono essere guai!

      Aprì la porta esterna degli alloggi degli orsi. Sitka Pete si precipitò fuori con andatura goffa. Per un colossale orso Kodiak, l’attacco diretto era il metodo migliore per affrontare ogni tipo di situazione. Sourdough lo seguì pesantemente. Non c’era niente di ostile nelle immediate vicinanze. Sitka si rizzò sulle zampe posteriori, raggiungendo quattro metri di altezza, e annusò l’aria. Sourdough si dondolò metodicamente, annusando a sua volta. Uscì Nell con i suoi otto quintali di raffinatezza e brontolò con tono ammonitorio verso Nugget che la seguiva da vicino. Huyghens si fermò sulla soglia impugnando la sua pistola in grado di fare centro anche al buio. Si sentiva un po’ a disagio a dover mandare gli orsi nella giungla di Loren Due di notte. Ma loro erano in grado di avvertire il pericolo con l’odorato e lui no.

      Nella giungla, l’illuminazione del largo sentiero che portava al campo d’atterraggio rendeva magico l’aspetto delle cose. C’erano felci giganti piegate ad arco e alberi ad alto fusto che si innalzavano al di sopra delle felci; e lo straordinario sottobosco di lanceolati. Le lampade, fissate raso terra, illuminavano ogni cosa dal basso, e il fogliame risaltava, violentemente illuminato, contro il nero del cielo notturno, e offuscava le stelle. Ovunque c’erano dei contrasti sorprendenti di luci e d’ombre.

      — Dritti avanti! — ordinò Huyghens, facendo gesto con la mano. — Dai!

      Chiusa la porta dell’alloggio degli orsi, si diresse verso il campo d’atterraggio lungo la pista illuminata nella foresta. I due giganteschi maschi Kodiak lo precedevano: Sitka Pete trotterellava silenziosamente sulle quattro zampe, Sourdough Charley lo seguiva da vicino, ondeggiando a destra e a sinistra. Huyghens veniva dietro di loro, guardingo, e Faro Nell chiudeva la fila con Nugget che le stava appresso.

      Era un’eccellente formazione militare per procedere nella giungla piena di pericoli. Sourdough e Sitka erano rispettivamente l’avanguardia e la difesa, mentre Faro Nell era la retroguardia, perché dovendo sorvegliare Nugget, faceva particolare attenzione a un’aggressione alle spalle. Huyghens, naturalmente, era la forza di attacco. La sua pistola sparava proiettili esplosivi che avrebbero scoraggiato perfino gli sfex e il suo dispositivo di mira notturna, un cono di luce che si accendeva quando egli sfiorava il grilletto, indicava esattamente dove i proiettili avrebbero colpito. Non si trattava di un’arma sportiva, ma le creature di Loren Due non erano certo degli antagonisti sportivi. I “nottambuli”, per esempio: ma i “nottambuli” avevano paura della luce. Attaccavano in una specie di crisi isterica soltanto se la luce era troppo viva.

      Huyghens si avvicinò alle luci del campo d’atterraggio. Era selvaggiamente pronto a tutto. La stazione della Kodius Company su Loren Due era decisamente illegale: necessaria, sotto un certo punto di vista, ma sempre illegale. Quella voce metallica nella ricevente non lo aveva affatto persuaso, ignorando questa illegalità. Ma se atterrava un’astronave, Huyghens poteva tornare indietro alla stazione prima che gli uomini potessero inseguirlo, e avrebbe fatto in tempo ad azionare la cassaforte di eliminazione, in modo da proteggere coloro che lo avevano mandato sul pianeta.

      Ma, mentre si faceva strada in mezzo ai cespugli quasi irreali, sentì alto e lontano il discordante rombo del razzo di una scialuppa, non il ruggito dei reattori di un’astronave. Man mano che egli avanzava il rombo diveniva sempre più forte e i tre grossi Kodiak trottavano qua e là in una formazione difensiva e offensiva adatta alle particolari condizioni del pianeta.

      Raggiunse il bordo del campo d’atterraggio che era illuminato in modo accecante con i consueti raggi divergenti diretti verso il cielo in modo che un’astronave potesse sintonizzare gli strumenti e atterrare a vista. Una volta, campi di questo genere erano stati di uso normale. Ora tutti i pianeti con un certo sviluppo avevano delle reti d’atterraggio, strutture enormi che assorbivano energia fino dalla ionosfera; che facevano partire e discendere a terra le astronavi con grande dolcezza ed estrema potenza. Il vecchio tipo di campo d’atterraggio si poteva trovare dove ci fosse una squadra di controllo al lavoro, oppure dove si stessero effettuando studi ecologici e batteriologici per un periodo di tempo strettamente limitato, o ancora dove una colonia appena autorizzata non fosse ancora in grado di costruirsi una rete d’atterraggio. Naturalmente era assolutamente inconcepibile che qualcuno cercasse una sistemazione contraria alla legge!

      Già gli animali notturni, mentre Huyghens raggiungeva la spianata, si erano raggruppati intorno alle luci come fanno le falene terrestri. L’aria pullulava di piccole cose svolazzanti che turbinavano come impazzite. Erano in numero considerevole e di ogni forma e misura, dai bianchi moscerini notturni ai vermi volanti dalle molte ali, a quelle rivoltanti creature ancora più grandi e dall’aspetto nudo che potevano somigliare a delle scimmiette volanti e senza pelo se non fossero state degli esseri carnivori e peggio. Quelle cose volanti planavano e ronzavano e danzavano e ruotavano pazzamente nel bagliore, creando uno strano brusio lamentoso. Formavano quasi, al di sopra della spianata, un soffitto illuminato che nascondeva le stelle. Guardando verso l’alto, Huyghens riusciva a mala pena a intravedere in quella nebbia di ali e di corpi la fiamma biancoazzurra del razzo che scendeva.

      La scia diventava sempre più grande. A un certo punto si inclinò, forse per aggiustare la traiettoria della discesa, poi tornò diritta. Quello che era stato dapprima un punto incandescente, aumentò fino a divenire una grande stella, poi una luna ancora più splendente e infine un occhio di luce accecante. Huyghens distolse lo sguardo, Sitka Pete si accovacciò con tutta la sua mole di una tonnellata e distolse saggiamente gli occhi dalla luce; Sourdough non faceva caso al rombo della scialuppa, sempre più profondo e violento, ma annusava delicatamente l’aria. Faro Nell tenne saldamente Nugget con una delle sue enormi zampe e cominciò a leccargli la nuca come per renderlo presentabile a degli estranei, Nugget si contorceva.

      Il rombo divenne simile a migliaia di tuoni. Una calda brezza venne dal campo d’atterraggio. La scialuppa calò rapida e le fiamme penetrarono nella nebbia di cose volanti, bruciandole, accartocciandole, infiammandole. Poi, tra turbinii di polvere ribollente, il centro del campo divampò con luce terribile; qualcosa discese lungo lo strale di fuoco, lo schiacciò, ci si posò sopra, e la fiamma si spense: la scialuppa si era appoggiata alle corte ali poppiere, il muso rivolto alle stelle dalle quali era giunta.

      Ci fu un silenzio immenso, dopo il fragore. Quindi, molto lentamente, ripresero a farsi udire i rumori della notte, suoni simili a quelli di canne d’organo e suoni appena percettibili, come singhiozzi; tutti quei suoni aumentavano e improvvisamente Huyghens poté udire di nuovo perfettamente. Un portello si aprì con una sorta di scricchiolio soffocato, e qualcosa uscì dallo scafo, allungandosi; era una passerella metallica che scendeva, superando la zona arroventata dalle fiamme dove posava la scialuppa.

      Dal portello uscì un uomo che si voltò indietro a salutare calorosamente; poi scese alcuni gradini fino alla passerella e vi si avviò, passando sopra alla zona bruciata. Portava con sé una valigetta da viaggio. Giunse rapidamente alla fine della passerella, ne discese e salutò con la mano in direzione della scialuppa. C’erano degli oblò, forse qualcuno rispose. La passerella si ripiegò velocemente su se stessa fino a scomparire nello scafo. Sotto gli alettoni esplose una fiammata. Si levarono nugoli di polvere e la luce divenne intensa come quella di un sole. Il boato era al di là della capacità di sopportazione, mentre la luce saliva fulminea attraverso le nubi di polvere, si allungava e accelerava sempre più. Quando fu di nuovo in grado di udire qualcosa, c’era ancora un mormorio che stava svanendo nel cielo e una piccola macchia di luce vivida che saliva piegando verso levante per raggiungere l’astronave dalla quale era discesa.

      I rumori notturni della giungla ripresero. La vita su Loren Due non si occupava delle faccende umane, ma c’era una zona incandescente nel campo d’atterraggio illuminato a giorno, e un uomo, piccolo e agile, si guardava intorno perplesso, con quella sua borsa da viaggio in mano.

      Mentre la zona incandescente cominciava a spegnersi, Huyghens gli andò incontro, preceduto da Sourdough e da Sitka. Faro Nell seguiva fiduciosa, tenendo maternamente l’occhio sul suo cucciolo. L’uomo sulla spianata spalancò gli occhi davanti a quel corteo. Anche essendoci preparati, doveva essere piuttosto sconvolgente atterrare su di un pianeta sconosciuto, veder partire la scialuppa e con lei ogni legame con il resto del cosmo, e infine vedersi avvicinare, forse era meglio dire sovrastare, da due colossali Kodiak maschi con un altro orso e un cucciolo al loro seguito. La solitaria figura di un essere umano doveva sembrare irrilevante, in quella compagnia.

      Il nuovo arrivato guardava attonito. Si mosse, meravigliato, e Huyghens gli disse: — Salve! Non si preoccupi degli orsi! Sono amici!

      Sitka raggiunse il nuovo venuto, gli si accostò prudentemente da sottovento e annusò: l’odore era soddisfacente. Odore d’uomo. Sitka sedette e i suoi dieci quintali piombarono pesantemente sulla polvere. Guardò l’uomo con aria amichevole. Sourdough fece: — Woosh! — e andò a controllare l’aria oltre la spianata. Huyghens si accostò: il nuovo arrivato indossava l’uniforme del controllo Colonie. Brutta faccenda. Aveva i gradi di ufficiale. Ancora peggio.

      — Ah! — disse l’uomo appena atterrato. — Dove sono i robot? Da che razza di posto saltano fuori queste bestie? Perché avete spostato la base? Io sono Roane, e sono qui per stilare un rapporto sui progressi della colonia.

      Huyghens disse: — Quale colonia?

      — L’istallazione di robot su Loren Due… — Poi Roane disse in tono indignato: — Non mi dica che quello stupido pilota mi ha fatto scendere nel posto sbagliato! Questo è Loren Due, no? E questo è il campo di atterraggio. Ma dove sono i vostri robot? Avreste già dovuto cominciare la costruzione di una rete! Cosa diavolo è successo, qui, e cosa sono queste bestie?

      Huyghens fece una smorfia. — Questa — disse educatamente — è un’istallazione illegale e senza licenza. Io sono un criminale. Queste bestie sono i miei complici. Se lei non vuole associarsi con dei criminali, naturalmente non ha bisogno di farlo, ma dubito che lei sopravviverà sino a domani: a meno che non accetti la mia ospitalità, mentre io penserò cosa devo fare circa la sua venuta qui. Ragionevolmente parlando, dovrei ucciderla.

      Faro Nell si avvicinò e si fermò dietro a Huyghens, cioè al suo posto come durante ogni altra uscita. Nugget, invece, vide un nuovo essere umano. Nugget era un cucciolo, e quindi tendenzialmente amichevole. Ondeggiò avanti con aria ingraziante: era alto circa un metro e mezzo alla spalla, quando stava sulle quattro zampe. Si dimenava rumorosamente mentre si avvicinava a Roane e sbuffò perché era imbarazzato.

      Sua madre lo raggiunse bruscamente e lo spinse da una parte con una zampata, e lui si lamentò; il lamento di un cucciolo di Kodiak di tre quintali è un suono notevole. Roane indietreggiò di un passo. — Credo — disse prudentemente — che sia meglio parlare di tutto questo. Ma se questa è una colonia illegale lei è naturalmente in arresto e ogni cosa che lei dirà potrà essere usata contro di lei.

      Huyghens ebbe un’altra smorfia: — D’accordo — disse — ma ora, se vuole starmi vicino, torniamo indietro alla base. Potrei far portare la sua borsa da Sourdough, a lui piace portare le cose, ma potrebbe avere bisogno dei suoi denti. Abbiamo quasi un chilometro di strada da fare. — Si voltò verso gli animali. — Andiamo! — disse con tono di comando. — Torniamo alla base! Su!

      Grugnendo, Sitka Pete si alzò e prese il suo posto di avanguardia. Sourdough lo seguiva, dondolando a destra e a sinistra. Huyghens e Roane si avviarono insieme mentre Faro Nell con Nugget chiudeva la fila. Metodo che era naturalmente il solo abbastanza sicuro per procedere su Loren Due, nella giungla, a quasi un chilometro dalla propria residenza fortificata.

      Ma vi fu solo un incidente durante il viaggio di ritorno: un “nottambulo” innervosito dalle luci del sentiero, sbucò dal sottobosco emettendo grida terrificanti, simili alle risate di un maniaco. Sourdough lo atterrò a dieci buoni metri da Huyghens. A cose fatte, Nugget si avventò sulla bestia morta rizzando il pelo e ringhiando: faceva finta di attaccarlo e sua madre gli diede una pacca sonora.

      II

      Dal piano di sotto provenivano i rumori quieti degli orsi che si sistemavano grugnendo e mugolando. Poi si quietarono. Il chiarore del campo di atterraggio era scomparso e anche la traccia luminosa del sentiero attraverso la giungla non esisteva più. Huyghens condusse l’uomo della scialuppa nel proprio alloggio. Con un fruscio di piume, Semper scostò un’ala e alzò la testa, fissando freddamente i due uomini; allargò le sue enormi ali da due metri, sbatacchiandole, e aprì il becco per poi richiuderlo con uno schiocco.

      — Quella è Semper — disse Huyghens. — Semper Tyrannis. È l’ultimo della popolazione terrestre sul pianeta. Non essendo un animale notturno, non è venuto fuori per salutarla.

      Roane sbatté gli occhi davanti all’enorme uccello che artigliava un piolo di otto centimetri di diametro, infisso nel muro. — Un’aquila? — domandò. — Degli orsi Kodiak, mutanti, dice lei, ma sempre orsi… e ora un’aquila? Con quegli orsi lei ha una bella unità da combattimento…

      — E sono anche degli animali da trasporto — disse Huyghens. — Possono caricarsi di un paio di quintali senza perdere troppo della loro efficienza in combattimento: e poi non ci sono problemi di approvvigionamento, perché vivono di quello che trovano nella giungla. Non di sfex, però. Nessuno si ciberebbe di sfex, anche se potesse ucciderne.

      Tirò fuori dei bicchieri e una bottiglia e accennò a una sedia. Roane depose la sua borsa da viaggio e prese un bicchiere. Osservò: — Lei mi incuriosisce: perché Semper Tyrannis? Posso capire nomi come Sitka Pete e Sourdough Charley, che calzano per via dei loro antenati. Ma perché Semper?

      — È stato addestrato alla caccia — disse Huyghens. — I cani ricevono un nome per via di qualche particolarità. Così Semper Tyrannis. È troppo grossa per portarla appollaiata su di un guantone da caccia, e così le spalle dei miei vestiti sono imbottite in modo che si possa posare lì. È una vedetta volante. L’ho allenata a segnalarci gli sfex e quando vola porta addosso una microtelecamera. È una bestia utile, ma non ha il cervello degli orsi.

      Roane si sedette e bevve un sorso dal suo bicchiere. — Interessante… davvero interessante! Ma questa è una istallazione illegale e io sono un ufficiale del Controllo Colonie. È mio compito fare un rapporto su quanto era stato prestabilito, ma tuttavia devo dichiararla in arresto: che cosa diceva, a proposito di spararmi addosso?

      Huyghens disse, con tono ostinato: — Sto cercando di trovare una via d’uscita. Se faccio il conto di tutte le pene per colonizzazione illegale, spararle addosso sarebbe logico, perché se lei partisse di qui e facesse un rapporto su questa stazione io mi verrei a trovare in una posizione molto antipatica.

      — Capisco — disse Roane continuando il ragionamento. — Ma dato che ci siamo… ho una pistola in tasca e la tengo puntata su di lei.

      Huyghens alzò le spalle: — È molto probabile che i miei complici arrivino qui prima dei suoi amici: e lei si troverebbe in un brutto guaio se i miei amici tornassero e la trovassero più o meno seduto sul mio cadavere.

      Roane annuì. — Anche questo è vero. Ed è probabile che i suoi compagni terrestri non coopererebbero con me come hanno fatto con lei. Pare che lei sia in vantaggio, anche se la tengo sotto il tiro della mia pistola. D’altra parte, lei avrebbe potuto uccidermi molto facilmente dopo che la scialuppa è ripartita, quando avevo appena messo piede a terra e non sospettavo di nulla. Perciò forse lei non ha in realtà intenzione di assassinarmi.

      Huyghens scrollò di nuovo le spalle e Roane disse: — Quindi, dal momento che il segreto per andare d’accordo è di rimandare le questioni… cosa ne dice di rimandare il problema di chi uccide chi? Francamente, devo dire che la spedirò in galera appena potrò. La colonizzazione illegale è un affare veramente ignobile. Ma comprendo che lei abbia il desiderio di sistemarmi in modo permanente. Al suo posto, probabilmente, farei lo stesso: quindi vogliamo dichiarare una tregua?

      Huyghens aveva un’aria indifferente. Roane, seccatissimo, disse: — Allora lo farò io! Lo devo fare! Così…

      Sfilò di tasca la mano che stringeva una pistola a raggi e depose l’arma sulla tavola. Poi si appoggiò indietro con aria di sfida.

      — Se la tenga — disse Huyghens. — Loren Due non è un posto dove si possa vivere a lungo disarmati. — Si volse verso un armadietto. — Fame?

      — Potrei anche mangiare — ammise Roane.

      Huyghens prese dallo scaffale due confezioni alimentari e le inserì nel preparatore sottostante. Tirò fuori dei piatti e li dispose sul tavolo.

      — Senta — chiese Roane — che cosa è successo alla colonia con licenza e autorizzazione ufficiale? La licenza è stata concessa diciotto mesi fa. C’è stato un atterraggio di coloni con una flotta teleguidata carica di equipaggiamenti e provviste. Dopo di allora ci sono stati quattro contatti per mezzo di astronavi. Ci dovrebbero essere diverse migliaia di robot al lavoro sotto adeguato controllo dei terrestri. Ci dovrebbe essere una spianata di centocinquanta chilometri quadrati, disboscata e coltivata. Dovrebbe esserci una rete di atterraggio quasi finita. Ovviamente dovrebbe esserci un radiofaro per facilitare l’atterraggio di astronavi: non c’è. Non esiste una spianata visibile dall’alto. Quella nave della Crete Line è rimasta in orbita per tre giorni in cerca di un posto dove farmi scendere. Il pilota fumava di rabbia. Il suo radiofaro è l’unico su tutto il pianeta e lo abbiamo pescato per puro caso. Che cosa è successo?

      Huyghens servì il cibo. Disse semplicemente: — Ci potrebbero essere centinaia di colonie, su questo pianeta, senza che alcuna sia al corrente dell’esistenza delle altre. Posso solo farmi qualche idea dei suoi robot, ma credo che siano finiti in mezzo agli sfex.

      Roane si arrestò con la forchetta in mano. — Da quando sono stato destinato al rapporto su questa colonia, ho letto molto su questo pianeta. Lo sfex fa parte della vita animale ostile. Carnivoro a sangue fieddo, bellicoso: non un sauro, ma piuttosto una specie a sé. Caccia in branchi. Adulto pesa da tre a quattro quintali. Estremamente pericoloso, e in numero troppo grande per poter essere cacciato. Sono loro la causa per cui non era mai stata concessa una licenza a colonizzatori terrestri: solo i robot potrebbero lavorare qui, perché sono delle macchine. Quale animale attacca le macchine?

      Huyghens disse: — E quale macchina attacca gli animali? Certo, gli sfex non avrebbero dato fastidio ai robot, ma i robot avrebbero notato gli sfex?

      Roane masticò e inghiottì. — Un momento! Siamo d’accordo sul fatto che sia impossibile costruire un robot cacciatore. Una macchina può distinguere, ma non sa decidere, ed è per questo che non c’è pericolo di una rivolta di robot. Non possono decidere di fare qualcosa per la quale non hanno istruzioni. Ma questa colonia è stata progettata sapendo perfettamente quello che i robot possono o non possono fare. Una volta ripulito, il terreno è stato recintato con un reticolato percorso da corrente elettrica e nessuno sfex potrebbe toccarlo senza arrostire.

      Huyghens tagliò pensoso il suo cibo. Un momento dopo osservò: — Lo sbarco deve essere avvenuto durante l’inverno, per forza di cose, perché la colonia per un po’ è sopravvissuta. E, a occhio e croce, l’ultima nave è atterrata prima del disgelo. Gli anni, qui, durano diciotto mesi, lo sa?

      — Lo sbarco è avvenuto durante l’inverno — ammise Roane. — E l’ultima nave atterrò prima che avesse inizio la primavera. Il progetto era di realizzare delle miniere per provvedere del materiale, di ripulire il terreno e circondarlo di una barriera a prova di sfex prima che gli sfex tornassero dai tropici. Mi pare che svernino là.

      — Non ha mai visto uno sfex, lei? — domandò Huyghens; e aggiunse: — No, naturalmente. Ma se lei prende un cobra, lo incrocia con un gattopardo, lo dipinge di blu e marrone e poi lo rende idrofobo e affetto da mania omicida… be’, può dire di avere uno sfex. Ma non la razza degli sfex. Tra l’altro, possono salire sugli alberi: un reticolato non li fermerebbe.

      — Un reticolato con corrente elettrica — precisò Roane: — Niente potrebbe arrampicarcisi!

      — Non un animale solo — gli disse Huyghens. — Ma gli sfex sono una razza. L’odore di uno sfex morto li fa accorrere con il sangue agli occhi. Lasci un solo sfex morto per sei ore e li avrà attorno a dozzine. Due giorni e ce ne sono centinaia. Ancora più a lungo, e ne avrà migliaia! Si riuniscono a miagolare sopra il loro compagno morto e per dare la caccia a chiunque o a qualunque cosa lo abbia ucciso.

      Tornò a occuparsi del suo piatto. Dopo un momento, disse: — Non c’è bisogno di domandarsi che cosa sia successo alla sua colonia: durante l’inverno i robot hanno ripulito con il lanciafiamme una certa area e hanno messo su una barriera elettrificata, come c’è nel manuale. All’arrivo della primavera, gli sfex sono tornati: tra le loro altre pazzie, hanno anche quella della curiosità. Uno sfex cercherebbe di arrampicarsi sul reticolato anche solo per vedere che cosa c’è dietro. Ne sarebbe fulminato. La sua carcassa ne richiamerebbe altri, furibondi perché uno sfex è morto, e quindi alcuni cercherebbero a loro volta di scalare la rete e morirebbero. E i loro corpi ne richiamerebbero degli altri ancora. A questo punto o la barriera sarebbe già abbattuta dalla massa dei corpi rimasti appesi, oppure si formerebbe un ponte con le carcasse delle bestie morte… e fino dove il vento portasse l’odore ci sarebbero degli sfex in corsa selvaggia, furiosi, impazziti per l’odore. Entrerebbero nella spianata attraverso o sopra la rete, urlando e stridendo in cerca di qualcosa da uccidere. Credo che abbiano trovato.

      Roane smise di mangiare. Sembrava che stesse male. — C’erano… delle foto di sfex nei rapporti che ho letto. Credo che tutto ciò… corrisponda. — Cercò di sollevare la sua forchetta. La rimise giù. All’improvviso disse: — Non ho più fame.

      Huyghens non fece commenti. Incupito finì la propria razione. Poi si alzò, inserì i piatti nel lavastoviglie. Ci fu un ronzio. Li riprese e li mise via.

      — Mi vuol lasciar vedere quei rapporti? — domandò con voce dura. — Vorrei vedere che razza di istallazione avevano… quei robot.

      Roane esitò, poi aprì la sua borsa da viaggio. C’era una micromoviola e delle bobine di pellicola. Una bobina portava l’etichetta “Controllo Colonie — Indicazioni per la Costruzione” e conteneva il progetto particolareggiato e tutte le specifiche di materiali e mano d’opera per ogni cosa da “Scrivanie per ufficio personale amministrativo, Uso delle” a “Reti atterraggio per pianeti forte gravità, capacità carico centomila tonnellate-Terra”. Ma Huyghens prese un’altra bobina, la inserì e la fece avanzare rapidamente, fermandola di quando in quando brevemente per controllare il metraggio finché non giunse al punto che cercava. Cominciò a studiare le informazioni con crescente impazienza.

      — Robot, robot, robot! — esclamò. — Perché non li lasciano dove devono stare, a compiere i lavori più sporchi nelle città o sui pianeti senza atmosfera, dove non capita mai nessun imprevisto! I robot non devono stare nelle colonie nuove! I suoi coloni dipendevano da loro per difendersi! Dannazione, mettete un uomo a lavorare con i robot e finirà col pensare che la natura ha gli stessi limiti delle macchine! Questo sarebbe un progetto per impiantare un’area controllata! Su Loren Due! Area controllata… — Imprecò con forza. — Idioti pieni di sé, mezze cartucce da tavolino!

      — I robot sono una buona cosa — disse Roane. — Non potremmo tenere il passo, senza di loro.

      — Ma non servono per addomesticare un ambiente selvaggio! — esclamò Huyghens. — Avete sbarcato una dozzina di uomini con cinquanta robot pronti per cominciare. Ce n’erano altri quindici in pezzi separati da mettere insieme… e scommetto tutto quello che ho che i successivi rifornimenti ne hanno portati ancora di più.

      — È così — ammise Roane.

      — Li disprezzo — ruggì Huyghens. Provo per quelle cose quello che dovevano provare gli antichi Greci e Romani per i loro schiavi. Sono fatti per lavori servili, il genere di lavori che un uomo farebbe per se stesso ma non per un altro uomo, nemmeno per una paga. Lavori degradanti!

      — Molto aristocratico! — disse Roane con una punta di ironia. — Se ho capito, sono dei robot che tengono puliti gli alloggi degli orsi a pianoterra.

      — No! — esclamò Huyghens. — Lo faccio io! Sono i miei amici e combattono per me. Non possono rendersi conto del motivo e nessun robot saprebbe fare bene lo stesso lavoro — brontolò. Fuori continuavano i rumori della notte, suoni d’organo, singhiozzi, rumori come martellate o porte che sbattessero. Da qualche parte c’era una riproduzione stranamente fedele del cigolio discordante di una pompa arrugginita.

      Mentre guardava nella micromoviola, Huyghens disse: — Sto cercando il rapporto sui loro lavori di scavo. Una miniera a pozzo aperto non porterebbe a niente, ma se avessero scavato un tunnel chiuso e se qualcuno fosse rimasto dentro a controllare l’opera dei robot quando la colonia è stata spazzata via, c’è una piccola probabilità che sia sopravvissuto per un po’ di tempo.

      Roane lo guardò con gli occhi improvvisamente seri: — E…

      — Dannazione! — esplose Huyghens. — Se è così, io vado a vedere! Altrimenti questo… questa gente non avrebbe più nessuna probabilità di salvarsi. E in ogni caso, non è che le probabilità siano particolarmente favorevoli…

      Roane alzò le sopracciglia e disse: — Io sono un ufficiale del Controllo Colonie, e le ho detto che appena potrò la spedirò in galera. Lei ha messo in pericolo la vita di milioni di persone, mantenendo con un pianeta, per il quale non ha avuto licenza, dei contatti non sottoposti a quarantena. Si rende conto che se lei salverà qualcuno dalle rovine della colonia dei robot, questo qualcuno potrà testimoniare della sua presenza non autorizzata qui?

      Huyghens avviò di nuovo la moviola. La fermò. Tornò indietro, poi di nuovo un poco avanti e trovò quello che cercava. Mormorò soddisfatto: — Hanno costruito un tunnel! — Poi, ad alta voce, disse: — Mi preoccuperò dei testimoni quando sarà il momento.

      Fece scorrere un’altra antina dell’armadio: là dentro c’erano le cianfrusaglie che servono a uno per riparare quelle cose che ha in casa e alle quali non si bada mai fino a quando non si rompono. C’era un assortimento di fili, transistor, bulloni e di aggeggi analoghi di cui ha bisogno un uomo che vive solo. Quando poi, per quanto ne sa lui, quest’uomo è l’unico abitante di un sistema solare, ha particolarmente bisogno di cose del genere.

      — E adesso? — domandò Roane.

      — Cercherò di scoprire se c’è ancora qualcuno vivo, laggiù. Avrei provato prima se avessi saputo dell’esistenza della colonia. Non posso sapere con certezza se siano tutti morti, ma posso sapere se qualcuno è ancora vivo. Si trovano circa a due settimane di viaggio da qui; strano che due colonie abbiano scelto due posti così vicini!

      Con aria assorta prese gli oggetti che aveva scelto. Irritato Roane disse: — Al diavolo! Come può sapere se qualcuno è vivo a qualche centinaio di chilometri da qui… quando lei non sapeva nemmeno della loro esistenza, mezz’ora fa?

      Huyghens spinse un bottone e staccò dal muro un pannello sul retro del quale c’erano dei circuiti elettronici, e vi si dedicò attivamente.

      — Mai pensato a cercare un naufrago? — domandò voltando il capo a metà. — Prendiamo un pianeta con una superficie di alcune decine di milioni di chilometri quadrati. Noi sappiamo che c’è una nave, laggiù, ma non sappiamo dove. Supponiamo che i sopravvissuti abbiano dell’energia, perché nessun uomo progredito resterà a lungo senza energia, finché avrà del metallo da fondere. Ma per costruire un radiofaro c’è bisogno di misurazioni e di mano d’opera accuratissime; non è cosa che si possa improvvisare. Quindi, cosa farà il nostro naufrago progredito per guidare la nave di soccorso a quei pochi chilometri quadrati che egli occupa, tra le decine di milioni di chilometri quadrati del pianeta?

      Roane era visibilmente seccato. — Cosa?

      — Per cominciare, deve tornare alla vita primitiva — spiegò Huyghens. — Arrostirà la carne sul fuoco, e così via. Deve fare un segnale semplificato al massimo, perché è tutto quello che può fare senza calibri, micrometri e altri utensili speciali. Ma può lanciare nell’atmosfera un segnale che i suoi soccorritori non possono non captare. Capisce?

      Roane era attento e irritato. Scosse la testa.

      Huyghens proseguì: — Farà una trasmittente a scintilla. Fisserà l’emissione alla più bassa frequenza che può ottenere, e cioè nella gamma di onde da cinque a cinquanta metri, che sono facili da sintonizzare. E sarà un segnale di chiara provenienza umana. Il naufrago comincerà a trasmettere: alcune di queste frequenze se ne andranno a spasso intorno al pianeta sotto la ionosfera e qualsiasi nave che scenda sotto questo “soffitto” capterà il segnale, farà un rilevamento, continuerà la rotta e farà un altro rilevamento, e quindi scenderà a colpo sicuro dove il naufrago sarà in placida attesa, allungato in un’amaca tessuta a mano e sorbendosi la bevanda che sarà riuscito a ottenere dalla vegetazione locale.

      Roane disse, aspro: — Naturalmente, ora che lo dice lei…

      — La mia trasmittente capta le microonde — disse Huyghens — e io sto cambiando alcuni elementi per poter ricevere le onde più lunghe. Non sarà efficiente, ma riuscirà a captare un segnale di soccorso, se ce ne sono. Tutto sommato, non me lo aspetto.

      Si mise al lavoro. Roane restò seduto a lungo in silenzio, guardandolo. Dal piano di sotto cominciò a giungere una specie di suono ritmico. Era Sourdough Charley che russava: si era sdraiato sulla schiena con le zampe in aria, perché aveva scoperto che era più fresco dormire in quella posizione. Sitka Pete grugniva nel sonno: sognava. Nella sala principale della base, Semper, l’aquila, sbatté gli occhi e poi nascose la testa sotto la gigantesca ala e si addormentò. I rumori della giungla di Loren Due passavano attraverso le finestre sbarrate. La luna più vicina, che era passata già una volta poco prima che suonasse la campana di atterraggio, tornò a salire a levante. Filava nel cielo apparentemente alla velocità di un aereo substratosferico. Si faceva appena in tempo a distinguere la forma irregolare e butterata prima che la sua massa di metallo e di roccia si rituffasse dietro il grande pianeta.

      All’interno della stazione Roane disse con rabbia: — Mi ascolti, Huyghens. Lei ha delle ragioni per uccidermi, anche se apparentemente lei non ha intenzione di farlo. Lei ha delle eccellenti ragioni per abbandonare a se stessa quella colonia di robot, eppure si sta preparando a dare un aiuto, se mai ci fosse qualcuno che ne avesse bisogno. E inoltre lei resta sempre un criminale… dico, un criminale! Batteri terribili sono stati portati fuori da pianeti come Loren Due e in conseguenza di questo un mucchio di gente ci ha rimesso la pelle. Ma lei sta rischiando ancora di più: perché lo fa? Perché fa quello che potrebbe produrre mostruosi risultati agli altri esseri?

      Huyghens grugnì: — Lei sta solo supponendo che nel corso dei miei contatti non siano state prese misure sanitarie e quarantene. Invece, in realtà, queste misure sono state prese, sono state prese come si deve! Come per tutto il resto, però, lei non lo capirebbe.

      — No, non capisco — esclamò Roane — ma questo non significa che non possa capirlo! Perché lei è un fuorilegge?

      Huyghens manovrava con estrema attenzione il cacciavite all’interno del pannello. Con delicatezza ne estrasse un piccolo circuito elettronico, quindi con molta cura prese a inserire un nuovo circuito intricato composto di elementi più grandi.

      — Sto mandando in malora l’amplificazione — osservò — ma penso che funzionerà. — Poi aggiunse con calma: — Sono quello che sono. Sono un fuorilegge perché penso che questo va d’accordo con quello che credo di essere. Ognuno agisce secondo l’idea che ha di se stesso. Lei è un cittadino coscienzioso, un ufficiale fedele e ha una personalità correttamente impostata. Lei si considera un animale intelligente e raziocinante, ma non si comporta come se lo fosse. Lei mi ha ricordato la necessità di ucciderla, mentre un animale raziocinante avrebbe cercato di farmene dimenticare. Roane, lei è un uomo. Anch’io. Ma io ne sono cosciente, e quindi faccio deliberatamente cose che un semplice animale raziocinante non farebbe, perché queste cose, secondo me, le fa soltanto l’uomo, che è più che un semplice animale raziocinante.

      Con molta cura strinse una vitina dopo l’altra. Roane, con aria annoiata, disse: — Ah, religione.

      — Rispetto di me stesso — corresse Huyghens. — Non mi piacciono i robot. Assomigliano troppo a degli animali raziocinanti. Un robot farà qualunque cosa che il suo addetto vuole che faccia. Un animale semplicemente razionale farà tutto quello che, imposto dalle circostanze, sia in suo potere. Non può piacermi un automa a meno che non abbia un’idea di quello che gli serve e non mi sputi in un occhio se cerco di fargli fare qualcosa d’altro. Gli orsi che ho qui… non sono automi, quelli! Sono bestie fedeli e degne di rispetto, ma mi farebbero a brani se cercassi di spingerli a fare qualcosa contro la loro natura. Faro Nell si batterebbe con me e tutta la creazione insieme, se tentassi di far del male a Nugget. Sarebbe stupida, irragionevole e priva di logica, perché perderebbe e resterebbe uccisa: ma mi piace così, quella bestia! E io combatterò contro di lei, Roane, e contro tutto il mondo, se cercherete di farmi fare qualcosa contro la mia natura. Sarei stupido e irragionevole e privo di logica, su questo punto. — Qui sorrise e si voltò: — Così farebbe anche lei: solo che non se ne rende conto.

      Tornò a occuparsi del suo lavoro. Un istante dopo montò una manopola su di un perno di quel suo apparecchio pieno di fili.

      — Che cosa hanno cercato di farle fare? — domandò Roane in tono pungente. — Che cosa le è stato chiesto, perché lei diventasse un criminale? A cosa si sta ribellando?

      Huyghens spinse un interruttore. Cominciò a girare la manopola che controllava la sintonia del suo ricevitore momentaneamente modificato. — Be’ — disse in tono divertito — quand’ero giovane la gente intorno a me ha cercato di farmi diventare un cittadino coscienzioso, un impiegato fedele e dotato di una personalità correttamente impostata. Hanno cercato di farmi diventare un animale molto intelligente e raziocinante, e niente più. La differenza tra noi due, Roane, è che io me ne sono accorto. Naturalmente, mi sono rib…

      Tacque di colpo. Dei leggeri scoppiettii e un brusio crepitante provenivano dall’altoparlante del ricevitore appena modificato per poter ricevere quelle che un tempo si erano chiamate onde corte.

      Huyghens era in ascolto. Inclinò il capo da un lato, mentre cominciava a ruotare la manopola con estrema lentezza. Poi Roane ebbe un gesto con la mano, come per fermarlo, per richiamare la sua attenzione su qualcosa in mezzo ai suoni sibilanti. Huyghens annuì. Ruotò ancora la manopola, con movimenti infinitesimali.

      Un brusio a stacchi diventò chiaro sul rumore di fondo. Huyghens mosse la sintonia, e il brusio crebbe d’intensità, raggiungendo un volume che lo rendeva inconfondibile. Era una sequenza di suoni come un ronzio discontinuo: tre ronzii di mezzo secondo intervallati di mezzo secondo; una pausa di due secondi, e poi tre ronzii di un secondo intervallati a pause di mezzo secondo; un’altra pausa di due secondi, e quindi altri tre ronzii di mezzo secondo. Poi silenzio per cinque secondi. Poi la sequenza ricominciò.

      — Diavolo! — disse Huyghens. — È un segnale umano, e anche a trasmissione meccanica! Una volta era il normale segnale di soccorso. Si chiamava SOS, non ho idea di che cosa significhi. In ogni modo, pare che qualcuno abbia letto qualche vecchio romanzo e così lo ha imparato. Però grazie a questo qualcuno è ancora vivo nella sua colonia di robot, autorizzata ma ora distrutta. E chiede aiuto. Oserei dire che ne devono avere molto bisogno.

      Guardò Roane: — La cosa intelligente da fare è sedersi e aspettare o una nave dei miei amici o una dei suoi; una nave può aiutare dei sopravvissuti o dei naufraghi molto meglio di noi. Una nave li può trovare anche molto più facilmente di noi. Ma forse il tempo è importante, per quei poveri diavoli, così io prenderò con me i miei orsi e vedrò di riuscire a raggiungerli. Se vuole, lei può aspettare qui: cosa ne dice? Viaggiare su Loren Due non è come fare una scampagnata… Ci sarà da lottare praticamente per ogni metro di strada, perché qui c’è un mucchio di “animali ostili”!

      Roane esclamò incollerito: — Non dica stupidaggini! Certo, che vengo: per chi mi prende? E una volta in due avremo quattro volte le possibilità di uno solo.

      Huyghens sorrise: — Non esattamente. Lei dimentica Sitka Pete, Sourdough Charley e Faro Nell. Se viene anche lei, saremo in cinque invece che in quattro. Naturalmente, anche Nugget deve venire, e non sarà di alcun aiuto; ma Semper farà la sua parte. Lei non quadruplicherà le nostre possibilità, Roane, ma sarò contento di averla con noi se proprio lei vuole essere tanto stupido, irragionevole e non del tutto raziocinante… da seguirci.

      III

      C’era un tormentato sperone di roccia tesa a precipizio sopra la valle e il vasto fiume che scorreva verso ovest e il mare, circa trecento metri più sotto. Trenta chilometri a est una barriera di montagne si ergeva contro il cielo e le cime sembravano addossarsi le une alle altre fino a una notevole altezza. Fin dove l’occhio poteva giungere, il terreno era ondulato e accidentato. Una macchiolina nel cielo discese rapidamente. Grandi ali si distesero e percossero l’aria, mentre gli occhi gelidi fissavano lo spazio roccioso: con pochi colpi d’ala Semper, l’aquila, atterrò, ripiegò le enormi ali e volse di scatto il capo, gli occhi fissi. Dei sottili finimenti tenevano una microtelecamera contro il suo petto. Camminando pomposamente, percorse la roccia fino al punto più alto e restò là immobile, figura solitaria e arrogante nell’immensità.

      Si sentirono scricchiolii e fruscii e poi Sitka Pete, ansimante e ondeggiante, uscì all’aperto. Anche l’orso aveva dei finimenti e un bagaglio: la bardatura era complessa, perché doveva non soltanto sostenere il carico ad andatura normale, ma stando la bestia ritta sulle zampe posteriori non doveva impacciarla, impedendole di usare in combattimento le zampe anteriori.

      Esplorò su e giù la radura e spiò oltre il bordo più lontano dello sperone: trotterellò all’altra estremità e guardò giù. Indagava con attenzione. Quando passò accanto a Semper e l’aquila spalancò il suo gran becco ricurvo, stridendo indignata, Sitka non le prestò attenzione. Si rilassò, soddisfatto, e si sedette disordinatamente, allungando le zampe posteriori. Aveva un’espressione simile alla benevolenza, mentre sorvegliava il paesaggio davanti e sotto di lui.

      Ancora scricchiolii e, sbuffando, Sourdough Charlie arrivò con Huyghens e Roane dietro di lui. Anche Sourdough portava un basto. Poi ci fu un guaito e Nugget balzò fuori, spinto da una zampata della madre. Faro Nell apparve, portando fissata alla bardatura la carcassa di un animale simile al cervo.

      Huyghens disse: — Ho scelto questo posto in una foto presa dall’alto e va bene per stabilire un rilevamento direzionale. Lo faccio subito.

      Si tolse il suo carico dalle spalle, lo posò al suolo e ne estrasse un apparecchio evidentemente costruito da lui. Lo sistemò a terra e ne allungò l’antenna. Poi inserì un filo piuttosto lungo e dispiegò una minuscola antenna direzionale con alla base un preamplificatore ancora più piccolo. Roane si tolse il proprio sacco dalle spalle e guardò. Huyghens si mise una cuffia, guardò in su e disse seccamente: — Tenga d’occhio gli orsi, Roane. Il vento sale da dove siamo venuti e se qualcosa ci segue, gli sfex per esempio, sarà preceduto dal suo odore e gli orsi ci avviseranno.

      Si diede da fare con gli strumenti che aveva portato. Udì i fischi, i crepitii, il rumore di fondo che poteva essere tutto tranne che un segnale umano. Allungò la mano e fece ruotare l’antenna direzionale. Dapprima appena accennato, poi più forte, giunse un ronzio raschiante. Quel ricevitore era stato però costruito soltanto per quella banda di lunghezze d’onda, ed era più efficiente della ricevente spaziale modificata. Rilevò tre brevi ronzii, tre lunghi, tre brevi ancora. Tre punti, tre linee, tre punti. Sempre uguale. SOS. SOS. SOS.

      Huyghens effettuò una lettura e spostò l’antenna direzionale a una distanza accuratamente calcolata, poi effettuò un’altra lettura. Spostò l’antenna un’altra e un’altra volta ancora: misurando accuratamente e segnando ogni punto e trascrivendo le letture sullo strumento. Una volta che ebbe finito, aveva controllato la direzione del segnale non soltanto dall’intensità ma anche dalla fase: aveva il rilevamento più accurato possibile per un apparecchio portatile.

      Sourdough grugnì sordamente. Sitka Pete annusò l’aria e da seduto si alzò in piedi. Faro Nell diede un colpo di zampa a Nugget, mandandolo a uggiolare in un angolo della radura, e si rizzò con il pelo irto a guardare dabbasso la via per la quale erano giunti. Huyghens esclamò: — Maledizione!

      Si alzò in piedi e fece un gesto a Semper, che aveva voltato il capo a quei movimenti. Semper lanciò un grido rauco, poco rapace davvero, e si tuffò giù dallo sperone, lottando contro la forte corrente discendente oltre il ciglio. Huyghens aveva appena afferrato la sua arma, che Semper tornò indietro sopra le loro teste, e li oltrepassò maestosamente a un’altezza di trenta metri, inclinandosi e agitando le ali nel vento scomposto. Improvvisamente cacciò un grido, volò in tondo e gridò di nuovo. Huyghens prese un minuscolo ricevitore tv che gli pendeva da una cinghietta e guardò sul microvideo quello che veniva ripreso dalla telecamera fissata al petto di Semper: il terreno ruotava e ondeggiava sotto le ali dell’aquila e in mezzo agli alberi che scivolavano via si potevano scorgere delle figure in movimento. Dato il loro colore, non si potevano confondere. — Sfex — disse Huyghens.

      — Sono in otto. Non li cerchi sulla nostra pista, Roane. Loro seguono le tracce parallelamente su entrambi i lati e così attaccano a ventaglio all’improvviso quando sono addosso alla preda. E attenzione! Gli orsi possono cavarsela con qualunque cosa riescano a raggiungere, quindi toccherà a noi occuparci degli altri! E miri al corpo! Le pallottole sono esplosive.

      Tolse la sicura alla sua pistola. Faro Nell, lanciando tonanti grugniti, andò a piazzarsi tra Sitka Pete e Sourdough. Sitka le gettò un’occhiata e sbuffò come se la prendesse in giro per i suoi agghiaccianti grugniti. Sourdough brontolò concretamente e insieme con Sitka si separò da Nell: i due orsi si allontanarono in direzioni opposte, in modo da coprire un fronte più vasto.

      Non c’erano altri rumori che lo stridio delle incredibili creaturine alate che costituivano gli uccelli di quel pianeta e il brontolio rabbioso e cupo di Nell, e poi lo scatto della sicura quando Roane si preparò a usare l’arma che Huyghens gli aveva dato.

      Semper gridò ancora, sostenendosi appena sopra le cime degli alberi, mentre seguiva dall’alto mostruose forme bicolori. Otto belve blu-marrone balzarono di corsa fuori dal sottobosco.

      Avevano delle frange di spine, corna, occhi fiammeggianti, e sembravano uscite direttamente dall’inferno. Come apparvero, spiccando balzi ed emettendo urli stridenti e spezzati, simili a quelli di gatti che si battono, ma mille volte più forti, tuonò l’arma di Huyghens, ma lo sparo venne coperto dall’esplosione del proiettile nel corpo di uno sfex. Un mostro blu-marrone balzò avanti, urlando. Faro Nell caricò furiosamente mentre la pallottola esplosa da Roane andava a perdersi contro un albero. Sitka Pete alzò le sue massicce zampe anteriori e le richiuse possentemente. Uno sfex morì.

      Roane sparò ancora, Sourdough Charley sbuffò, piombò avanti, addosso a un mostro sputacchiante, lo rotolò pancia in su e lo squarciò con le zampe posteriori. La pelle del ventre degli sfex era più tenera che altrove. La bestia rotolò via dilaniandosi le proprie ferite. Un altro sfex si trovò sbattuto da parte nella battaglia intorno a Sitka Pete e si preparò a balzargli addosso alle spalle, ma Huyghens sparò con freddezza. Due si lanciarono verso Faro Nell e, mentre Roane ne uccideva uno, Nell si occupò dell’altro con furia spaventosa. Sitka Pete si avviò ondeggiando, ne stanò uno e lo uccise, e poi tornò indietro in cerca di un altro. Le due armi spararono insieme e all’istante non ci fu più niente contro cui combattere.

      Gli orsi passarono da una carcassa all’altra: Sitka Pete grugnì e sollevò una testa ciondolante. Crash! Poi un altro. Li passò tutti, che dessero o no segni di vita. Una volta finito, erano tutti immobili. Semper discese. Aveva gridato e svolazzato sopra le loro teste durante la battaglia e ora atterrava rapidamente. Huyghens passò da un orso all’altro, calmandoli con la sua voce. Con Faro Nell ci volle più tempo che con gli altri; l’orsa stava leccando Nugget con appassionata sollecitudine e grugniva terribilmente mentre leccava.

      — Venite qua, adesso — disse Huyghens quando Sitka mostrò di volersi sedere di nuovo. — Buttate queste carcasse giù dalla collina. Forza! Sitka, Sourdough! Dai!

      Guidò i due maschi mentre sollevavano con una cert’aria di fastidio i mostri da incubo che essi stessi e le armi degli uomini avevano ucciso; li trasportarono sull’orlo dello sperone roccioso e li lasciarono cadere giù, scivolando e rimbalzando fino al fondo valle.

      Huyghens disse: — Questo è perché i loro amichetti si radunino attorno a loro e piangano il loro dolore dove non ci sono delle nostre tracce che possano fargli venire certe idee. Se ci fosse stato vicino un fiume, li avrei gettati nel fiume in modo che seguissero la corrente e attirassero gli amici a lutto dove si fossero arenati. Intorno alla base, li faccio bruciare. Se dovessi lasciarli dove sono, andrei via sottovento. Una cinquantina di chilometri sarebbe già abbastanza.

      Aprì la sacca portata da Sourdough e ne trasse dei grossi pezzi di bambagia e qualche litro di disinfettante. Curò i tre orsi uno dopo l’altro, pulendo non solo i tagli e i graffi, ma anche imbibendo in profondità la loro pelliccia, dove poteva essere sprizzata qualche goccia di sangue di sfex.

      — Questo disinfettante ha anche un’azione deodorante — disse a Roane. — Altrimenti verremmo inseguiti da ogni sfex che ci passi sottovento. Quando partiremo, pulirò anche le zampe degli orsi, per la stessa ragione.

      Roane era molto tranquillo. Aveva mancato il suo primo colpo con un’arma a pallottola (un raggio non ha l’efficacia di un proiettile esplosivo), ma sembrava essersi adirato con se stesso, dopo di che negli ultimi secondi di battaglia aveva sparato con molta attenzione e ogni pallottola era arrivata a segno. Ora disse amaramente: — Se mi sta dando istruzioni perché io possa continuare nel caso che lei venga ucciso, temo che non ne valga la pena!

      Huyghens frugò nel suo sacco e dispiegò gli ingrandimenti delle vedute aeree di quella parte del pianeta e orientò attentamente la mappa prendendo dei punti di riferimento nel paesaggio; tracciò una linea estremamente accurata attraverso la foto, e osservò: — Il segnale di SOS proviene da qualche parte vicino alla colonia dei robot, penso un po’ più a sud… forse dalla miniera che hanno scavato sulla parte più lontana, certo, del Deserto Alto. Vede quello che ho segnato su questa mappa? Due rilevamenti, uno dalla base e uno da qui. Ho fatto una deviazione dal giusto tragitto per poter effettuare un rilevamento con un angolo diverso rispetto alla trasmittente, per essere sicuro del punto dal quale proviene il segnale. Poteva essere dall’altra parte del pianeta, ma non è così.

      — La possibilità che ci siano altri naufraghi è astronomicamente piccola — protestò Roane.

      — Nemmeno per sogno — dichiarò Huyghens. — Ci sono state navi che sono venute qui, alla colonia dei robot, e una potrebbe benissimo essere precipitata. E anch’io ho degli amici.

      Impaccò di nuovo il suo apparecchio e fece un cenno agli orsi; li portò fuori del campo di battaglia e pulì molto attentamente le loro zampe, in modo che non lasciassero dietro una traccia di odore di sangue. Con un gesto ordinò all’aquila di levarsi in volo e disse ai Kodiak: — Andiamo, avanti! Dai!

      Il gruppo discese la collina e calò di nuovo nella giungla. Ora era il turno di Sourdough di condurre e Sitka Pete vagava qua e là dietro di lui. Faro Nell seguiva gli uomini, in compagnia di Nugget. Teneva sul cucciolo un occhio estremamente vigile: era ancora piccolo, pesava soltanto tre quintali. Naturalmente, l’orsa era anche molto attenta ai pericoli alle spalle.

      In alto, Semper agitava le ali volando in cerchi giganteschi e in lunghe spirali, senza mai allontanarsi troppo. Huyghens controllava continuamente il microvideo che riportava in ogni istante quello che veniva ripreso dalla telecamera aerea. Non era per niente la migliore ricognizione che si potesse immaginare, ma era la migliore che si poteva realizzare. Presto Huyghens disse: — Qui giriamo a destra: avanti il cammino è brutto e pare che un gruppo di sfex abbia ucciso qualcosa e stia mangiando.

      Roane era sconvolto e scontento di sé. Così disse: — È contro la logica che dei carnivori siano così numerosi come lei dice! Ci deve essere una certa percentuale di altre specie animali, perché se fossero in troppi mangerebbero tutto e morirebbero poi di fame!

      — Se ne vanno via per tutta la durata dell’inverno — spiegò Huyghens — che qui non è così rigido come si può pensare; e una grande quantità di animali sembra cominciare a moltiplicarsi proprio quando gli sfex sono al sud. E poi gli sfex non restano in giro per tutta la stagione calda. C’è una specie di punta massima e poi per settimane non se ne vede uno e poi di nuovo all’improvviso la giungla pullula di quelle bestie. Adesso, quindi, sono sulla strada per il sud. Apparentemente, in qualche modo, sono dei migratori, ma nessuno lo sa con certezza. — Seccamente, aggiunse: — Non ci sono stati molti naturalisti in giro per questo pianeta: la fauna è ostile.

      Roane si inquietò. Era un ufficiale superiore del Controllo Colonie ed era abituato ad arrivare nelle basi coloniali completate o semicompletate e a fare un rapporto su quanto fosse stato fatto secondo i piani. Ora si trovava in un ambiente completamente ostile, la sua vita dipendeva da un colonizzatore illegale ed era impegnato in un’impresa demoralizzante e poco chiara, perché il segnale meccanico a impulsi poteva essere in funzione pur essendo i suoi costruttori morti da molto tempo: le sue idee a proposito di un mucchio di cose erano scosse.

      Era vivo, per esempio, a causa di tre giganteschi orsi Kodiak e di un’aquila dalla testa calva. Lui e Huyghens avrebbero potuto essere difesi da diecimila robot e sarebbero stati uccisi ugualmente. Gli sfex e i robot si sarebbero reciprocamente ignorati e gli sfex avrebbero puntato dritto sugli uomini, che avrebbero avuto meno di quattro secondi di tempo per capire di essere attaccati, preparare una difesa e uccidere otto sfex.

      Le convinzioni di Roane, uomo progredito, erano scosse. I robot erano un’eccellente trovata per fare il previsto, portare a termine quel che era programmato, cavarsela con il prevedibile. Ma i robot avevano anche delle lacune; potevano soltanto seguire le istruzioni: se capita questo fa’ questo, se capita quest

firemeetsgasoline: Non ho mai pubblicato ciò che scrivo, per due principali motivi: perché me ne ver

firemeetsgasoline:

Non ho mai pubblicato ciò che scrivo, per due principali motivi: perché me ne vergogno e perché non penso di essere così brava da meritare dei lettori. Ma mi sono resa conto che se non permetterò mai a nessuno di leggere ciò che scrivo non potrò mai migliorare. Quindi ho deciso di pubblicare la mia prima storia a capitoli (la parola romanzo creerebbe troppe aspettative) su wattpad.

Significherebbe davvero molto per me se voi sprecaste qualche minuto del vostro tempo per leggerla e, soprattutto, per dirmi cosa ne pensate o per darmi qualche consiglio, sulla storia o in generale sulla mia scrittura.

Illicit Affairs - Mia madre non lo deve sapere (on Wattpad) 

Alex è il figlio del rampollo di una delle famiglie più importanti di New York e di Martha Gordon, una delle più famose attrici del panorama Hollywodiano. È bello, carismatico e sta vivendo il suo più grande sogno: giocare per i New York Giants. Insomma, la vita per lui non potrebbe andare meglio. Sofia è una bella, brillante e simpatica, giovane attrice, perennemente nell'ombra del suo ben più famoso, e grande, fidanzato, Lukas Connelly, anche lui attore. Prendete loro due, aggiungeteci che Martha e Lukas sono amici di lunga data, il risultato è una serie di situazioni surreali, bugie, tradimenti, risate e lacrime con Manhattan per scenografia.


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firemeetsgasoline: Non ho mai pubblicato ciò che scrivo, per due principali motivi: perché me ne ver

firemeetsgasoline:

Non ho mai pubblicato ciò che scrivo, per due principali motivi: perché me ne vergogno e perché non penso di essere così brava da meritare dei lettori. Ma mi sono resa conto che se non permetterò mai a nessuno di leggere ciò che scrivo non potrò mai migliorare. Quindi ho deciso di pubblicare la mia prima storia a capitoli (la parola romanzo creerebbe troppe aspettative) su wattpad.

Significherebbe davvero molto per me se voi sprecaste qualche minuto del vostro tempo per leggerla e, soprattutto, per dirmi cosa ne pensate o per darmi qualche consiglio, sulla storia o in generale sulla mia scrittura.

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Alex è il figlio del rampollo di una delle famiglie più importanti di New York e di Martha Gordon, una delle più famose attrici del panorama Hollywodiano. È bello, carismatico e sta vivendo il suo più grande sogno: giocare per i New York Giants. Insomma, la vita per lui non potrebbe andare meglio. Sofia è una bella, brillante e simpatica, giovane attrice, perennemente nell'ombra del suo ben più famoso, e grande, fidanzato, Lukas Connelly, anche lui attore. Prendete loro due, aggiungeteci che Martha e Lukas sono amici di lunga data, il risultato è una serie di situazioni surreali, bugie, tradimenti, risate e lacrime con Manhattan per scenografia.


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City Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar CharCity Of God, 2002CrimeDirected by Fernando Meirelles e Katia LundDirector of Photography: Cesar Char

City Of God, 2002

Crime

Directed by Fernando Meirelles e Katia Lund

Director of Photography: Cesar Charlone


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La forma del potere è sempre la stessa: è infinita, è complessa, non smette di ramificarsi. È viva come un albero, e cresce; contiene se stessa, ed è una moltitudine. Le sue direzioni sono imprevedibili; obbedisce alle proprie leggi

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Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza

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